di Luigi De Gregorio
Un discorso al Senato da parte del nuovo presidente del Consiglio con argomenti scontati, con nessuno slancio e nessun obiettivo quantificato. Eppure i giorni che hanno preceduto la presentazione del nuovo governo, due cose hanno colpito molti italiani: la beatificazione quasi immediata, da parte di quasi tutti i giornali, di Mario Draghi, prossimo alla nomina di premier e la fortuna che stava per raggiungere tutti noi italiani: il governo dei migliori.
Il primo avvenimento, pieno di speranza e di odore d’incenso, poggiava su un curriculum di altissimo livello nell’area bancaria e finanziaria vissuto nei grandi palazzi del potere in Italia ed in Europa Ma esso, al di là dell’auspicata ascesa al cielo, colpiva l’immaginazione dei più, in quanto i media raccontavano che Lui potesse alzare il telefono e parlare subito con il neo eletto presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Ed il confronto con il tentativo da parte nostra di cercare invano di parlare per telefono perfino con un sindaco di un paese di 5000 abitanti, sprofondava noi nel sottosuolo ed innalzava il Draghi sempre più in alto in cielo.
Il secondo avvenimento, già nella fase di annuncio del “governo dei migliori”, smuoveva le viscere di molti italiani e da esse faceva emergere la parte più credulona che si manifestava silenziosamente e sinteticamente: finalmente. Anche se una nebbia faceva capolino insieme al pensiero ma come farà Draghi a trovare i migliori d’Italia in così pochi giorni.
Arrivò il giorno della presentazione dei componenti del governo. Le facce nuove nell’ambito di un governo, in quanto tali, sono sempre ben accette perché danno almeno l’illusione di un potenziale di rinnovamento. Ed in particolare quelle dei due ministri tecnici, Vittorio Colao e Roberto Cingolani, supportati dai relativi curricula che alludono ad un rinnovamento del Paese e nel contempo illudono perché la realtà è sempre più complessa di singole esperienze. Altre facce, oltre una dozzina, costituivano un fritto misto e non poteva che essere tale, dato il principio ispiratore di origine collinare di tutti insieme appassionatamente, dopo accoltellamenti recenti e lontani.
Infine tre facce sono apparse come impresentabili. Perché molti italiani hanno avuto un calo di zuccheri, una voglia di non ascoltare e leggere di politica per il resto della propria vita, un attacco di depressione che portava a maledire di essere nati in questo paese, una voglia di espatriare il più lontano possibile. Tutti sintomi che hanno colpito come un tsunami gli abitanti dello Stivale, appena sono apparsi i tre ministri appesi a Berlusconi con un cordone ombelicale come i neonati alla propria madre. Per un nanosecondo gli italiani avevano immaginato di essersi sbagliati, di aver capito male, di essere di fronte ad un incubo mediatico. Eppure era vero.
I cittadini, in gran parte, capiscono subito che è un’esagerazione che è fumo negli occhi, che è il brindisi di un rito. Gli scettici per esperienza diranno: siamo alle solite, non cambierà nulla. I sostenitori inguaribili della speranza, nemica per definizione della morte, diranno speriamo bene. I razionali si chiedono come potrebbe funzionare un governo, in cui per gran parte dei componenti, gli appetiti famelici, gli interessi personali e di partito sono sovrastanti rispetto all’amore per il Paese e la vocazione del litigio stravince rispetto allo spirito di costruzione per il Bene comune.
Per quanto sopra un’esortazione è doverosa: please, non chiamatelo “il governo dei migliori”.