“Proteggere tutti i lavoratori“, perché finora la disoccupazione è stata “selettiva” e ha colpito soprattutto precari, giovani e donne, ma presto potrebbe iniziare a riguardare anche chi ha “contratti a tempo indeterminato“. Potenziare sia i Centri per l’impiego sia il sistema di welfare, per aumentare il tasso di occupazione delle donne e garantire “parità di condizioni competitive tra generi“. Sul fronte dei ristori alle imprese scegliere “quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento” per evitare di finanziare aziende “zombie”. In parallelo mettere in cantiere una riforma fiscale complessiva, “architrave della politica di bilancio”, per ridurre il peso delle tasse mantenendo la progressività. Sono le priorità in campo economico indicate dal presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo primo discorso al Senato.
Un filo rosso collegherà tutti gli interventi: la sostenibilità ambientale. “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta“, ha detto l’ex presidente Bce, che ha anticipato un rafforzamento del Recovery plan su una serie di obiettivi legati alla Transizione green. “La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create”. Mai citati, nei 51 minuti di intervento, il reddito di cittadinanza e il Mes.
“Alcune imprese dovranno cambiare radicalmente” – “Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce dopo un’interruzione di corrente”, ha avvertito il nuovo premier. “Sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. Il messaggio è che non tutto tornerà come prima e alcune aziende non vanno aiutate a sopravvivere ma incentivate a trasformarsi. Una linea abbracciata del resto in tutta Europa: lunedì al termine dell’Eurogruppo il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha spiegato che “dobbiamo spostarci gradualmente da un approccio generalizzato a misure di supporto più mirate, che distinguano tra imprese sostenibili e non sostenibili“. La stessa considerazione era al centro del documento del Gruppo dei 30 co-firmato da Draghi lo scorso dicembre, in cui si spiegava che “non tutte le imprese in crisi dovrebbero ricevere supporto pubblico” e le risorse “non dovrebbero essere sprecate per aziende destinate al fallimento” bensì mirate a favorire la “distruzione creatrice”.
Draghi ha fatto poi l’esempio di un settore che la pandemia ha devastato, il turismo: “Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato”.
“Tutti i lavoratori vanno protetti, disoccupazione potrebbe colpire anche quelli stabili” – Discorso diverso per i lavoratori: loro vanno protetti, “tutti”, ha specificato Draghi, ricordando che oggi “il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi“. Del resto i “sette milioni di lavoratori che hanno fruito di strumenti di integrazione salariale per un totale di 4 miliardi di ore” sono tutti dipendenti stabili. Una considerazione che richiama alla necessità di rivedere il sistema degli ammortizzatori sociali per renderlo universale: il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha annunciato ai sindacati che entro due settimane presenterà una proposta di riforma. Il tema è urgente perché se finora “a pagare il prezzo più alto sono stati i giovani, le donne e i lavoratori autonomi“, ha evidenziato il premier al Senato, la disoccupazione “presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato”. Il fenomeno è “destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento“, ha notato il premier senza anticipare le decisioni del governo riguardo all’eventuale proroga del blocco.
Centri per l’impiego da rafforzare – Anche per questo sono “centrali le politiche attive del lavoro. Affinché esse siano immediatamente operative è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di ricollocazione, rafforzando le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupati”. Con questo obiettivo “vanno anche rafforzate le dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo con le regioni. Questo progetto è già parte del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza ma andrà anticipato da subito”.
“Più welfare per consentire alle donne parità di condizioni sul lavoro” – Un lungo capitolo Draghi l’ha dedicato al lavoro delle donne: un aumento dell’occupazione femminile è “imprescindibile” per il Sud e in generale “la mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne. Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti di Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo“. Ma secondo Draghi – nel cui governo ci sono solo 8 donne su 23 – “una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge. Richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro”.
Parità di condizioni competitive significa anche superare le discriminazioni di genere autoimposte per motivi culturali: occorre “assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese”.
“Povertà e disuguaglianza aggravate dalla pandemia” – Il nuovo premier non ha citato il reddito di cittadinanza ma ha dedicato una parte del discorso all’aumento delle situazioni di grave difficoltà economica causato dal Covid. La pandemia ha “aggravato la povertà“, ha ricordato Draghi citando dati della Caritas secondo cui nel periodo maggio-settembre 2020 è salita al 45% la quota di persone che si sono rivolte alle strutture dell’organismo della Cei per la prima volta, mentre negli stessi mesi del 2019 la percentuale di “nuovi poveri” si fermava al 31%. E si è trattato soprattutto di “famiglie con minori, donne, giovani, persone in età lavorativa”. E “soprattutto italiani”, mentre fino all’anno prima gli stranieri erano in maggioranza. Il premier ha anche citato un dato sull’aumento delle disuguaglianze, tratto dallo studio L’impatto della crisi da Covid-19 sulla disuguaglianza del reddito da lavoro in Italia appena pubblicato sul sito di Bankitalia: l’indice di Gini è passato dal 36,5% del primo trimestre 2020 al 41,1% nel secondo. L’aumento nella diseguaglianza “è stato attenuato dalle reti di protezione presenti nel nostro sistema di sicurezza sociale”, ha ricordato il premier, “in particolare dai provvedimenti che dall’inizio della pandemia li hanno rafforzati”.
“Riforma fiscale passaggio decisivo” – Il premier ha anche annunciato che “va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività“. Una riforma da accompagnare ad un “rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale“. Una riforma fiscale “segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”, ha affermato il presidente del Consiglio, spiegando però che il tema non si presta a essere affrontato in Parlamento: “Le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta”. Esperti in grado di disegnare “un intervento complessivo” perché “non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta” e procedendo così è “più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli“.
Dopo aver fatto l’esempio della Danimarca, Draghi ha ricordato anche che “un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d’imposta per i redditi da lavoro dipendente”.
Pubblica amministrazione – L’altra riforma “che non si può procrastinare” è quella della pubblica amministrazione. L’ennesima negli ultimi 30 anni, ma stavolta davvero cruciale per garantire che i fondi europei siano spesi in modo efficiente. “La riforma dovrà muoversi su due direttive”, ha anticipato Draghi. “Investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati“.