Doveva essere la grande riforma per “moralizzare” il mercato e regolarizzare la professione dell’agente sportivo, sempre più cruciale nel calcio moderno: basta parenti, soubrette e procuratori improvvisati, fuori i mercanti dal tempio, solo professionisti abilitati al tavolo delle trattative. Regole ferree, un esame serio, una selezione vera. Poi, fatta la legge, come al solito si è trovato l’inganno: una piccola deroga approvata dalla FederCalcio (ma avallata dal Coni e persino dal Ministero dello Sport) che permette anche a chi non ha il titolo di continuare a esercitare. La scappatoia si chiama “domiciliazione”. Basta eleggere il proprio domicilio presso uno studio registrato, appoggiarsi a un agente vero, e praticamente chiunque può esercitare come procuratore. L’obbligo del tesserino scompare, è sufficiente un titolo all’interno dell’Unione Europea, ma anche in Paesi dove è semplice ottenerlo e non serve superare un esame. Così il temuto Registro fa meno paura.
Eppure non sarebbe dovuta andare così. Sono due anni che il nostro Paese cerca di normare questa professione, intorno a cui si muove un giro d’affari enorme: basti dire che solo nel 2019 i club di Serie A hanno versato oltre 13 milioni nelle tasche degli agenti dei calciatori. Non c’è trasferimento, contratto o operazione di mercato che si possa fare senza il loro benestare (e senza ovviamente riconoscergli una percentuale). Di qui la necessità di un intervento. Il primo lo aveva fatto addirittura il governo, nella legge di stabilità 2018, istituendo il Registro Nazionale degli Agenti Sportivi presso il Coni. Il Comitato Olimpico aveva provveduto a stilare il regolamento, entrato in vigore nel 2019, e poi di nuovo aggiornato nel 2020 da un’apposita commissione di esperti, un gran lavoro in pieno lockdown per risolvere alcuni problemi che rimanevano nel testo.
Il risultato era stato quello di avere per la prima volta una normativa seria, per cui si diventa procuratori solo al termine di un percorso di selezione, e poi norme a cui attenersi, sanzioni per chi non le rispetta. Lo dimostra anche l’esito del primo esame: 800 partecipanti, solo 80 ammessi. Poi però la palla è passata alla Figc, e qui si è impantanata. La Federazione avrebbe dovuto aggiornare il regolamento sulla base della modifica Coni. Quando l’ha fatto, nel testo è spuntato la “domiciliazione” aperta a tutti (e non solo per chi risiede effettivamente all’estero da anni, com’era prima). Chi si aspettava che dall’alto arrivasse uno stop, è rimasto deluso: è stata la legge-quadro del Coni di Malagò ad adeguarsi a quella di grado (e severità) inferiore della Figc di Gravina, e non viceversa.
Il perché è difficile da capire. Di sicuro c’è un parere del Dipartimento Sport di Palazzo Chigi, che tirando in ballo la direttiva comunitaria sulla libera circolazione ha approvato la svolta. È altrettanto certo che la lobby degli agenti nel pallone è molto forte, e avrà fatto sentire la sua voce. Che qualcosa non funzioni, però, è evidente dai primi elenchi pubblicati dalla Figc per la domiciliazione: l’istituto è pensato per gli stranieri, ma fra 20 agenti ad averne beneficiato ben 13 sono italianissimi. Fra loro, anche nomi noti come gli ex calciatori Antonini e Zaccardo, o l’ex Juventus Alessio Secco.
Il colpo di mano rischia di vanificare la riforma, che aveva avuto un forte impatto, come dimostra l’esito del primo esame, e la recente sentenza del Collegio di garanzia del Coni che ha bocciato i ricorsi di chi, senza titolo, è stato cancellato dall’albo. Con la domiciliazione tutti possono tornare in gioco. Perché un aspirante procuratore dovrebbe sottoporsi alla selezione, sostenere i costi d’iscrizione (circa 2mila euro per la persona fisica, 3mila per quella giuridica), se con un semplice bonifico a una federazione estera compiacente come magari Bulgaria o Cipro, può regolarmente esercitare in Italia sotto il “cappello” della domiciliazione? Non potrà farlo in proprio, dovrà comunque appoggiarsi ad un altro agente, ma così il Registro degli agenti non è più impenetrabile. Resta la validità dell’esame, da cui chi vuole far davvero il procuratore prima o poi dovrà comunque passare. E resta pure il regolamento, che almeno non è stato inficiato dalla deroga. In fondo, basterebbe applicarlo seriamente per raggiungere l’obiettivo. Ma la Figc che ha riaperto la porta sul retro dopo aver chiuso il portone ha davvero intenzione di farlo?