Ok la libertà di espressione, ma sui social andateci piano. Non è chiaro quale episodio particolare abbia convinto il direttore della Stampa Massimo Giannini a inviare una lettera alla sua redazione: “Care amiche e cari amici, dopo le ultime performance di diversi nostri colleghi sui social, mi vedo costretto a intervenire, e a richiamarvi all’ordine”. Il messaggio integrale è stato pubblicato da startmag.it, giornale online che si occupa di innovazione e tecnologia, ma anche molto attento anche alla attualità politica. “Nessuno – scrive Giannini ai colleghi della Stampa – può vietare a un privato cittadino di esprimersi come vuole nell’agorà digitale, ormai purtroppo infestata di haters e spesso trasformata in tavola calda per antropofagi. Dunque non sarò io a vietare alcunché, né a conculcare diritti di libertà di espressione del proprio pensiero garantiti persino dalla Costituzione. Non sarebbe giusto e non avrebbe alcun senso. Ma c’è un limite. Vi ricordo che il profilo di ciascuno di voi in rete nasce prima di tutto dalla vostra ‘appartenenza’ a La Stampa, grazie alla quale ciò che scrivete assume un rilievo ben diverso da quello che avrebbe un tweet o un post di un internauta qualsiasi”.
Giannini ricorda che di recente Gedi, il gruppo editoriale, ha diffuso un codice aziendale “etico e pratico” e tra i vari punti uno riguarda l’uso dei profili social: “Avete l’obbligo di rispettarne i dettami” taglia corto il direttore della Stampa. “Quando scrivete su quelle piattaforme dovete rammentare comunque che siete giornalisti di questo giornale. E che i giudizi che date, di qualunque ‘segno’ essi siano, finiscono sempre per riguardare l’intera nostra comunità. Quindi vi rinnovo l’invito a mantenere un profilo alto e rispettoso del ruolo e della funzione che abbiamo. Ad essere equilibrati e a non tranciare giudizi un tanto al chilo, specialmente se quei giudizi non riflettono quello che voi scrivete sul giornale o quello che il giornale adotta come ‘linea’. Ad evitare soprattutto di ingaggiare indecorosi ‘corpo a corpo‘ con gli interlocutori e/o gli odiatori occasionali e/o istituzionali, che quasi sempre finiscono per sconfinare nella triviale deriva politico-culturale di certi tipici anfratti del Web”.
La conclusione di Giannini è dunque un appello: “Un dibattito serio, anche in Rete, fa ricchezza. Dunque siate seri. E ricordatevi ciò che dovete a La Stampa: se quello che twittate o postate ottiene risposte e riscontri, in definitiva, questo dipende molto dal brand che avete alle spalle. E che per questo dal vostro attivismo digitale può subire conseguenze dirette e indirette. Tenetene conto“.