Calcio

Porto-Juventus 2-1: i bianconeri cominciano male gli ottavi di Champions, il gol di Chiesa evita guai più seri

Due blackout costano i gol nei primi minuti dei due tempi: la squadra di Pirlo paga la difficoltà nella costruzione dal basso, ma soprattutto carenza di personalità e di ferocia. Il sorteggio è stato positivo solo sulla carta: i lusitani pressano fin dentro l'area e non concedono quasi nulla. La rete di Chiesa lascia intatte le speranze di qualificazione, al di là del rigore non fischiato a Ronaldo. Certo, servirà un'altra Juve

Ottavi di finale di Champions League complicati per la Juventus: solo il gol di Federico Chiesa salva Pirlo e lascia intatte le speranze dei bianconeri in vista del ritorno. Finisce 2-1 a Oporto contro i Dragones, che mettono ko la Juventus con due gol, uno per tempo. Inizia Taremi che approfitta di una letale ingenuità di Betancur e mette il pallone in rete poco dopo il primo minuto. A 23 secondi dall’inizio della seconda frazione tocca a Marega raddoppiare: un doppio blackout bianconero a cui rimedia il gol di Chiesa. Un intervento da rigore su Ronaldo nei minuti di recupero potrebbe perfino consentire alla Juve di pareggiare, ma l’arbitro dice no e il Porto incassa meritamente la vittoria.

La Juventus paga la sua difficoltà nella costruzione dal basso: c’è una questione tattica, ma è forse il problema minore. Perché la Juventus che a Oporto si trova già dopo due minuti in svantaggio ha diversi problemi, anzi, è la versione bianconera più problematica degli ultimi 10 anni: di gioco, anche di mentalità. Un problema emerso più volte in questa stagione: la scarsa ferocia, cosa certo non consueta a Torino. Un dato che emerge con nitidezza se di fronte c’è il Porto. Squadra ostica, forse la provinciale d’Europa per eccellenza: pochi top player, zero fronzoli, tutto pressing e ripartenze. E dire che Pirlo l’aveva pure detto: “E’ molto simile all’Atletico Madrid”. D’altronde sulle panchine di Porto e Atletico siedono due che alla Juve da calciatori avevano fatto male: Conceicao, che all’esordio in Italia aveva tolto una Supercoppa italiana alla Juve con la maglia della Lazio, e Simeone che sempre in maglia biancoceleste aveva dato il via, con un gol decisivo, alla rimonta che aveva portato la Lazio dal -9 allo scudetto del 2000.

Fatto sta che già dal primo gol dell’iraniano Taremi si comprende che per la Juve il sorteggio è stato positivo solo sulla carta: i lusitani pressano fin dentro l’area la Juve e fanno bene, Sczeszny sbaglia e chiama in causa Bentancur che è super marcato, il mediano la restituisce indietro ma fa malissimo e l’attaccante dei portoghesi segna semplicemente contrastando l’estremo difensore juventino. I bianconeri non si risvegliano e provano soltanto ad andare sugli esterni, ma il Porto non concede praticamente nulla, tant’è che la prima occasione per la Juventus arriva intorno al 40esimo del primo tempo con Rabiot che impegna il portiere portoghese Marchesin. Poco. Troppo poco. Piove sul bagnato quando i portoghesi raddoppiano in apertura di secondo tempo, con un’azione che porta Marega a infilarsi in area a tirare quasi indisturbato sul primo palo.

Sembrerebbe il colpo di grazia per i bianconeri, che si disuniscono e rischiano sulle ripartenze del Porto. Ronaldo non c’è, ma per una volta però gli esterni funzionano quando Rabiot a dieci minuti dalla fine riesce ad affondare sulla sinistra mandando al centro per Chiesa che prende in contro tempo il portiere lusitano e accorcia le distanze. E’ un gol fondamentale perché il 2 a 1 è un risultato ottimo per come si era messa la partita e che lascia intatte le possibilità della Juve di arrivare ai quarti di finale. Certo, ci sarebbe anche l’occasione per il pareggio proprio all’ultimo minuto: un rigore per fallo su Ronaldo. L’arbitro non fischia, ma per i bianconeri c’è tutta la possibilità di ribaltare il risultato allo Stadium. Ovviamente, per andare avanti serve altro. Serve di più. Nella costruzione: sia dal basso, che tra i top…ma soprattutto nella personalità.