Era la prima mina capace di far saltare in aria la maggioranza a larghe intese di Mario Draghi. A questo giro non è destinata a esplodere. Gli emendamenti al decreto Milleproroghe che avevano come obiettivo quello di neutralizzare la riforma della prescrizione di Alfonso Bonafede sono stati accantonati. Almeno quelli di Azione e Italia viva. I partiti di Carlo Calenda e Matteo Renzi non li hanno indicati come “segnalati” e quindi non verranno posti in voto. È quello che è emerso nella seduta delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera che stanno esaminando il decreto.

I gruppi avevano selezionato gli emendamenti “segnalati“, vale a dire i circa 200 da porre in votazione, e tra essi figuravano tanto quelli di Enrico Costa e Riccardo Magi (Azione +Europa), sia quello di Lucia Annibali di Italia viva. Tra oggi e domani i gruppi della nuova maggioranza si riuniranno per ridefinire i “segnalati” in modo da rimanere nel numero complessivo di 200: questa volta quelli sulla prescrizione non ci saranno. Un escamotage per non metterli in votazione ma anche per placare i “nemici della riforma” visto che in questo gli emendamenti saranno tecnicamente nemmeno ritirati. “Per noi non è un problema rinviare di qualche settimana la discussione sul tema della prescrizione. Lasciamo alla ministra il tempo necessario per proporre a tutti una riflessione sul punto specifico e più in generale sulle riforme su cui lavorare”, ha detto Ettore Rosato di Italia viva. Simile il commento di Maria Elena Boschi: “Ripongo molta fiducia in Marta Cartabia; saprà trovare la strada giusta per una riforma organica. Sulla prescrizione si gioca la civiltà giuridica di un Paese: noi non molliamo”. Insomma, come già successo sul Mes, ora che al governo c’è Draghi i toni dei renziani sono molto più morbidi e sfumati rispetto a quelli usati nei confronti del precedente esecutivo.

Resta da capire che ne sarà dei due emendamenti di Forza Italia che come quelli dei renziani e di Costa chiedevano di cancellare la riforma sullo stop dopo il primo grado di giudizio. In ogni caso se si andasse al voto non dovrebbero esserci problemi visto che nelle due commissioni Bilancio e Affari costituzionali allo stato la coalizione composta da Pd-M5s-Leu avrebbe 49 voti, contro i 46 di Lega–Fdi–Forza Italia e renziani. I tentativi di neutralizzare la riforma Bonafede, dunque, sarebbero bloccati, anche nel caso in cui gli emendamenti venissero ripresentati al momento della votazione del testo in Aula: a Montecitorio, infatti, Pd e M5s hanno saldamente la maggioranza.

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