“Non ci zittiranno mai. Morte allo Stato fascista”. La resistenza di Pablo Hasél, il rapper condannato in Spagna a nove mesi per “esaltazione del terrorismo e ingiurie alla Corona”, è durata poco più di un giorno. Si era arroccato con alcuni sostenitori nell’Università della sua città, Lleida, dove i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, hanno fatto irruzione questo martedì per portarlo in carcere. Avrebbe dovuto farlo spontaneamente entro lo scorso venerdì, ma sarebbe stata “un’umiliazione indegna di fronte a una sentenza così ingiusta”, come ha scritto sul suo account Twitter.
L’artista, all’anagrafe Pau Rivadulla Duró, 33 anni, è stato giudicato per la pubblicazione, tra il 2014 e il 2016, di 64 tweets e di una canzone intitolata “Juan Carlos El Bobón” (Juan Carlos lo sciocco). In uno dei post sul social network giustifica le azioni violente del gruppo terrorista Grapo: “Le manifestazioni sono necessarie, però non sufficienti. Appoggiamo coloro che sono andati oltre”. La prima sentenza arrivò nel marzo di 2018 dall’Audiencia Nacional, organo che si occupa di reati legati al terrorismo, e stabiliva la reclusione a due anni e un giorno. In appello la pena è stata ridotta a nove mesi e un anno ma rischia di tornare a due perché Hasél si rifiuta di pagare una multa di oltre 24mila euro.
Le immagini dei Mossos D’Esquadra che prelevano il rapper dall’Università di Lleida hanno suscitato un’ondata di indignazione specialmente in Catalogna e a Valencia, dove 15 persone sono state arrestate e 30 ferite. Podemos ha annunciato che presenterà al ministero della Giustizia una richiesta di indulto, mentre il governo, di cui il partito di Pablo Iglesias fa parte, ha promesso di avviare una riforma del Codice Penale per impedire la detenzione per delitti legati alla libertà d’opinione. In un comunicato stampa, l’Esecutivo di Pedro Sánchez prevede di “castigare solo condotte che suppongano chiaramente un rischio per l’ordine pubblico”.
Nel paese sono molti i commenti che mettono a confronto Hasél, in carcere per aver insultato la Corona, e il re emerito Juan Carlos I, che si trova negli Emirati Arabi, dove ha scelto di rifugiarsi dopo i vari scandali che l’hanno colpito. I manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro quello che reputano un attacco alla libertà d’opinione e 200 personalità del mondo della cultura, tra cui Pablo Almodóvar e Javier Bardem, hanno firmato un manifesto per esprimere solidarietà. Ma la lista di artisti finiti sotto accusa per lo stesso motivo è lunga: il rapper Valtonyc è scappato in Belgio per evitare la prigione dopo aver elogiato Eta, l’attore Willy Toledo è stato processato per frasi contro “il sentimento religioso” e il cantante César Strawberry è stato assolto solo dal Tribunale costituzionale per alcuni tweet sulle vittime del terrorismo.
Su Pablo Hasél pesano anche altre accuse, che hanno spinto l’Audiencia Nacional a decidere per la detenzione. L’artista ha subito una condanna, attualmente in sospeso, per un altro caso “esaltazione” di gruppi come Grapo, Eta, Al Qaeda nelle sue canzoni. Sebbene non siano ancora sentenze definitive, risultano altre due condanne a sei mesi e due anni e mezzo per due aggressioni: una nei confronti di una giornalista di TV3, proprio di fronte all’Università di Lleida, e l’altra contro un uomo che avrebbe testimoniato a favore di un poliziotto assolto dall’accusa di aver aggredito un amico minorenne del rapper. Infine, è indagato per il tentativo di assalto di una delegazione del governo di Lleida durante una protesta del 25 marzo del 2018 per l’arresto dell’ex leader del processo indipendentista, Carles Puigdemont, in Germania.
(nella foto: le proteste a Barcellona contro l’arresto del rapper)