Dopo aver ascoltato il discorso di Mario Draghi, naturalmente pieno di buoni propositi come quelli di tutti i suoi predecessori, appare ancora più interessante analizzare l’allegra ammucchiata che compone la maggioranza.
Partiamo da Liberi e Uguali. Dopo aver confermato il ministero importante, si è subito spaccata con l’uscita di Sinistra Italiana: così ha deciso la loro assemblea, suffragando l’antica tesi per cui a sinistra ogni 3 persone ci sono 4 partiti. Almeno, a differenza dei 5 Stelle, prima hanno incassato e poi hanno deciso di essere di lotta e di governo. Vetero-furbi.
Italia Viva, Azione e gli altri partiti-lobby di centro sono riusciti nel loro intento di distruggere qualsiasi residuo di politica di questa seconda Repubblica, garantendo maggior potere alla alta burocrazia, ai potentati economici e alla finanza. Per loro missione (in conto terzi) compiuta. Cavalli di Troika.
Forza Italia, che resta il partito fondato da un condannato per frode fiscale, uno per corruzione e uno per mafia, si fa beffe di tutti (quelli che avevano fondato campagne elettorali contro di loro) e si conferma centrale e partito padrone della seconda Repubblica. Nonostante abbiano ottenuto molto più di quel che si potesse immaginare, vorranno sempre di più e probabilmente lo otterranno. Redivivi.
La Lega ha furbescamente deciso di fare sia il governo sia l’opposizione. Al governo con Dr. Jekyll-Giorgetti per accontentare il vorace mondo produttivo padano che la sostiene, e all’opposizione con Mr. Hyde-Salvini per continuare a soffiare sul vento del malcontento. Creeranno problemi e ultimatum a profusione, salvo poi accordarsi sempre sottobanco. La lega ti frega, sempre.
Il Partito Democratico conferma la sua unica vocazione, quella per il potere. Alleato organico dell’un tempo odiato M5s (per assorbirne parte dell’elettorato) e come sempre insieme, senza batter ciglio, a qualsiasi nemico di facciata, conferma che le sue battaglie esistono solo a mezzo stampa (amica), mentre alla prova dei fatti, dopo anni di retorica sulla parità di genere, piazza come ministri tre capo-correnti uomini. Usare il potere per stare sempre al potere. Machiavellici.
Nel Movimento 5 Stelle le cinque stelle iniziali, dopo gli ottimi primi mesi al governo nel 2018 (in cui fece valere il suo programma e il 33% ottenuto), si sono progressivamente ridotte, passando a quattro, tre, due, e infine una stella, “la stella del potere” (la stessa del Pd e Fi) che per semplificare chiameremo “ma stella”. Solo che Clemente Mastella negoziava un 1% dell’Udeur come se avesse il 10%, Luigi Di Maio negozia un 33% come se avesse il 3%, che evidentemente è quel che a lui importa. Sarebbero potuti andare all’opposizione di questa accozzaglia, mandando in pensione la propria autoimposta e illegittima classe dirigente, così da ricominciare a crescere controllando ogni singolo provvedimento e recuperando credibilità e alternatività al sistema.
Invece i governisti (e i loro influencer) hanno deciso di ingannare i votanti su Rousseau con un “quesito-truffa”, ottenendo infine qualche poltrona (molte meno di quelle che avrebbero dovuto avere, peraltro) gradita a chi ha partecipato, senza mandato, alle operazioni. Resa consegnata e guerra al sistema finita. Però, come nel film Underground di Emir Kusturica, la fine delle ostilità non è stata comunicata a tutti: alcuni continuano a ordinare di fabbricare armi sottoterra, spiegando che fuori si sta ancora combattendo un conflitto. Quando quelli sottoterra scopriranno come vengono usate le loro armi, subiranno uno shock di non poco conto. Tafazziani.
Sergio Mattarella, infine, un uomo cresciuto a pane e Prima Repubblica che si trova a gestire il Paese con gente che si fa le foto con i gattini mentre mangia, o che pensa di fare politica postando citazioni mentre guarda l’orizzonte su Facebook. Mattarella ha letto gli appetiti e le ambizioni di capi e capetti e la loro mediocre insofferenza nei confronti dell’ascesa di Giuseppe Conte, e ha messo l’intera classe politica italiana ai suoi piedi come farebbe un Ibrahimovic che va a giocare in Serie D. Tutto quel che è successo, se non ha la sua regia, ha sicuramente il suo indirizzo.
Sarebbe sbagliato dargli delle colpe, ha semplicemente avuto la bravura di comprendere la disponibilità di alcuni a lavorare con “affidabili interlocutori” come Renato Brunetta e Giancarlo Giorgetti. Non c’è stato nulla di improvvisato, la strada che portava a Draghi è stata preparata con cura e con il tempo da uomini di Prima Repubblica. Solo qualche cantastorie a gettone può raccontare la favola dei numeri che sono mancati, dell’urgenza o della necessità. E anche quei falsi racconti fanno il gioco del Sergio nazionale e lo proteggono. Fuoriclasse.
Mario Draghi lo giudicheremo con il tempo, intanto ha già fatto qualche miracolo e a differenza di Mario Monti, assunto come curatore fallimentare del Paese, sembra avere il ruolo di liquidatore della classe politica esistente e della Seconda Repubblica. Apostolo.