Può il cammino di un re magio iniziare alla grotta di Betlemme a Natale e concludersi nel sepolcro vuoto di Gerusalemme la domenica di Pasqua? È l’interrogativo che anima il romanzo di Mimmo Muolo, vaticanista e vicecapo della redazione romana del quotidiano della Cei Avvenire, intitolato Per un’altra strada. La leggenda del Quarto Magio (Paoline). Secondo una leggenda, infatti, i magi venuti dall’Oriente per rendere omaggio a Gesù appena nato non erano tre, come vuole la tradizione, ma quattro. Quest’ultimo, di nome Artaban, avrebbe dovuto portargli in dono alcune pietre preziose ma, partito in ritardo, non riuscì a raggiungere i compagni e arrivò a Betlemme quando la Sacra Famiglia era già emigrata in Egitto per fuggire alla persecuzione di Erode.
Per un’altra strada. La leggenda del Quarto Magio è il debutto come romanziere di Muolo, firma storica e ampiamente apprezzata. Il volume è molto gustoso e la prova letteraria è decisamente superata a pieni voti. Artaban incarna i dubbi esistenziali di ogni uomo e donna del nostro tempo, soprattutto nel periodo attuale segnato dalle incertezze dovute alla pandemia. Nel quarto magio c’è la sintesi delle domande di tanti uomini, cercatori inconsapevoli di Dio o, quanto meno, del significato della propria esistenza.
La storia di Artaban, infatti, non è solo quella di un uomo che arriva costantemente in ritardo ai grandi appuntamenti della vita. Ma soprattutto è la ricerca del senso autentico dell’esistenza. Un senso che egli non può non trovare se non nella fede, nell’incontro con il sacro, con un Dio che si è fatto bambino nella fragilità della vita umana. Alla fine, infatti, la somma dei ritardi accumulati dal protagonista si trasformeranno in una opportunità.
Il quarto magio richiama il valore della prossimità, ancora più fondamentale in questo tempo di pandemia. Lo ha sottolineato più volte Papa Francesco affermando che “non ci si salva da soli”. Come il protagonista del romanzo di Muolo, un magio alla ricerca della verità ma sempre attento agli altri, si sente anche oggi “un bisogno di prossimità, di agire con spirito di comunità e non come isole. Non si può vivere da soli, né ci si può salvare da soli”, ha ribadito il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, presentando il romanzo del vaticanista e mettendo in primo piano il valore della solidarietà, perché “la risposta cristiana alla pandemia si basa sull’amore”.
Non è un caso, dunque, se il mondo attraversato da Artaban è simile a quello odierno con i fenomeni migratori, lo squilibrio politico-economico tra il Nord e il Sud del pianeta, i cambiamenti climatici, la prostituzione forzata, le epidemie e le persecuzioni. Dietro le pagine del romanzo c’è tutto il magistero di Papa Francesco e delle sue due encicliche sociali, Laudato si’ e Fratelli tutti. Muolo mette sulla bocca del decano dei magi la domanda, forse, più scottante del suo lavoro, rivolta al protagonista del suo romanzo: “La nostra gente ha bisogno di pane, medicine, nuovi utensili per il lavoro. E voi osservate le stelle, aspettando che tutto questo venga da un Messia piovuto dal cielo?”
Pur essendo ambientato nel periodo natalizio, il libro di Muolo è una lettura preziosa per il tempo della Quaresima. Il viaggio, infatti, come ricorda l’autore alla fine del suo lavoro, non ha come termine la mangiatoia di Betlemme, ma la tomba vuota di Gerusalemme. È nella resurrezione di quel bambino fattosi uomo che si comprende il senso del viaggio di chiunque si mette alla sequela di Gesù, che i cristiani chiamano il Cristo.
“Papa Francesco – scrive Muolo – ha recentemente istituito la domenica della parola di Dio. Se questo libro riuscisse a stimolare in chi lo prenderà in mano una maggiore frequentazione con la Scrittura, probabilmente la più grande narrazione di tutti i tempi, ne sarei ben felice. Così come mi dichiaro tributario del magistero dei tre Papi che ho conosciuto personalmente, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, appunto, e di cui i lettori possono individuare gli insegnamenti in alcuni passaggi della narrazione”.
“Mi sono messo in viaggio – ricorda ancora Muolo – insieme ad Artaban, ripercorrendone e a volte reinventandone l’itinerario, che è attualissima allegoria di un mondo in cui c’è una grande nostalgia di Dio e molti non sanno più dove cercarlo, come anche la recente pandemia ha evidenziato”. Un viaggio letterario che è soprattutto un viaggio esistenziale. Come recita un antico proverbio napoletano, s’ pò campà senza sapé pecché, ma nun s’ pò canpà senza sapé pe’ chi, ovvero “si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi”. Ed è esattamente ciò che pensa Artaban.