Trash-Chic

Io, il Presidente e la Regina d’Olanda

Carlos Menem teneva alla sua immagine di peronista di ultimo pelo, soprattutto con la stampa straniera. Lui figlio d’immigrati siriani, di fede musulmana, arrestato durante la giunta militare, curava maniacalmente il suo look, così come accarezzava la sua chioma con basettoni che lo faceva assomigliare a Julio Iglesias.

Sognavo di fare l’Oriana Fallaci (de no’altri), di intervistare capi di stato e dittatori, di fare scoop da auto/inviata speciale e di farmi rivelare segreti inconfessabili. Con faccia tosta volevo presentarmi da Carlos Menem, decennale presidente dell’Argentina dall’ ’89 al ’99, e costringerlo a confessarmi l’atroce verità: Che fine hanno fatto i 30mila desaparecidos durante gli anni terribili della dittatura.

Le cose invece andarono diversamente: correva l’anno 1996 e collaboravo all’Espresso. Volai in Argentina e amici comuni mi presentarono Maxima Zorreguieta, una ragazza della buona borghesia di Buenos Aires, che coltivava il sogno di fare la giornalista. “Posso accompagnarti? Vorrei stringere la mano al mio presidente”, la butta lì. Cerco di spiegare all’aspirante collega che non è facile imbucare qualcuno alla Casa Rosada senza averlo accreditato, bypassando il rigido cerimoniale di palazzo. Ma lei non molla: si capiva già di che pasta era fatta la ragazza. Ha un guizzo: “Dai, ti faccio da interprete”. Spigliata, intraprendente, si intuiva che sarebbe arrivata dove voleva. Intanto siamo arrivate al palazzo presidenziale. Un quarto d’ora d’anticamera e si spalancano le porte del grande salone tutto in pregiata boiserie. In fondo non c’era bisogno che la futura regina d’Olanda mi facesse da interprete, perché l’ intervista era preconfezionata. Mi avevano chiesto due giorni prima di inviare le domande per fax ( ricordate, cos’è? Anticaglia ante-guerra). E io che mi aspettavo un faccia a faccia con botta e risposta con The President, invece il segretario mi consegnò le risposte in una busta chiusa. Era prassi, il presidente non amava le domande/sgambetto, ci teneva alla sua immagine di peronista di ultimo pelo, soprattutto con la stampa straniera. Lui figlio d’immigrati siriani, di fede musulmana, arrestato durante la giunta militare dal ’76 al ’81, curava maniacalmente il suo look, così come accarezzava la sua chioma con basettoni che lo faceva assomigliare a Julio Iglesias, vabè il genere macho caliente li fa rassomigliare un po’ tutti.

Il deludente incontro consisteva nel mettersi in posa con Menem per la foto ricordo, come due turiste privilegiate. E’ Maxima a scattare prima foto, io e the president. Dopo il click, in un attimo, eccola, al centro della scena. La sua parlantina si rivela subito accattivante, i ruoli si ribaltano e adesso mi trovo io a farle da portaborse! “Peccato che Menem sia così basso”, commentiamo mentre ce ne andiamo. Un ultimo sguardo compassionevole alle madri di Plaza de Mayo, che davanti alla Casa Rosada sventolano ancora le foto dei loro figli dissidenti fatti sparire dal regime militare. Ecco, avrei voluto afferrare Menem per la giacca e urlargli: “Affacciati e abbi il coraggio di gridare loro la verità. Che sono stati caricati su aerei militari e scaraventati in mezzo al mare”. Invece non dissi nulla. Le physique du rôle Maxima ce l’aveva già, pronta a raccogliere la lunga chioma bionda in un impeccabile, chignon, perfetto per portare la tiara. “Quando mi ha detto di essere un principe, non gli ho neppure creduto!”, rideva quando al telefono mi raccontò del primo incontro con il suo principe azzurro, Guglielmo d’Olanda. Menem non fu invitato al gran marriage reale. In realtà neanche il padre di lei, Jorge Zorreguieta, ex ministro dell’Agricoltura durante la giunta militare di Jorge Videla. Diciamo che i suoi trascorsi politici non erano proprio il migliore biglietto da visita per una donna che entrava nel gotha delle teste coronate europee. Good save the queen e su Menem, morto il giorno di San Valentino, a 90 anni, brilli la luce perpetua!

pagina Facebook di Januaria Piromallo