Mario Draghi, nella replica di ieri, ha confermato che le sue idee non sono affatto coerenti con la realtà che viviamo.
Egli concepisce l’Europa come la panacea di tutti i mali e afferma con forza che l’Italia sarà europeista e atlantista. Sfugge, al nostro Capo del governo, che i mali italiani derivano soprattutto dalle diseguaglianze economiche fra i Paesi europei, tra cui primeggiano Francia e Germania, con i quali Draghi intende stringere più stretti rapporti, dimenticando che questi due Paesi si sono impossessati di gran parte delle fonti di produzione di ricchezza italiana.
L’Europa così com’è non funziona e deve essere riformata. Occorre mettere su un piano di parità economica e sociale tutti gli Stati membri e realizzare un effettivo mercato interno dove non ci siano paradisi fiscali, come Olanda e Lussemburgo, e solo allora si potrà parlare di condizione di parità tra gli Stati membri, come prescrive l’articolo 11 Cost.
Questa fideistica affermazione di europeismo italiano non ha senso con gli attuali manovratori d’Europa, tra i quali, purtroppo, dobbiamo inserire il nostro Presidente del Consiglio dei ministri. In questo modo Draghi ci porta alla rovina e non alla salvezza dell’Italia.
Sono belle le sue parole sull’unità del Paese, sugli sforzi comuni dei partiti, sull’impegno dei cittadini, per ricostruire la nostra economia, ma sono parole vuote di significato, parole al vento, che sanno solo di retorica, perché non affrontano il problema centrale che affligge L’Italia. E il problema centrale è il sistema predatorio, patologico del neoliberismo di cui Mario Draghi è uno dei massimi esponenti.
Un sistema che distrugge i deboli e rafforza i forti. Lo dice espressamente, nel suo discorso, il nostro Presidente, quando afferma che le imprese decotte non devono essere aiutate.
Non si accorge, Mario Draghi, che in questo modo egli fa saltare la più grande fonte di ricchezza nazionale e cioè l’artigianato, che è un patrimonio di sapienza proprio del nostro Paese e che è saldamente tutelato dall’articolo 45 della Costituzione, secondo il quale: “La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”. Ma Draghi pensa soltanto ai soldi, segue l’ordoliberismo di Von Hayek e non tutela affatto i valori del lavoro artigianale che ha avuto origine e sviluppo, da secoli, inserendosi nelle tradizioni stesse del nostro Paese.
Ma c’è di più, Mario Draghi dimostra di non avere la minima concezione giuridica del concetto di sovranità arrivando ad affermare che l’euro è irreversibile.
Dobbiamo chiederci a quale soggetto è stata trasferita la nostra sovranità monetaria in base alla quale è possibile creare una moneta dal nulla conferendogli corso legale nell’ambito dell’intera Unione. Certamente la sovranità non può essere stata trasferita alle banche centrali dei vari Paesi, che sono private e indipendenti dai relativi Stati, e tantomeno nella Bce, che come le banche centrali, formate da banche private, è anche essa una banca privata. Insomma si tratta di singoli soggetti che non possono essere considerati titolari di sovranità.
E allora a chi è stata trasferita la sovranità monetaria italiana che avremmo perduta? Forse alle potenze finanziarie straniere? No! Si tratta solo di limitazioni di sovranità e quest’ultima è rimasta negli Stati membri dell’Unione.
E si tenga presente che, ai sensi dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, ogni Stato può recedere dall’Unione e far venir meno, per quanto di competenza, quella parte di sovranità su cui poggia l’euro.
La verità è che così Mario Draghi punta il suo sguardo sul successo della finanza e dimentica che il lavoro degli italiani e degli europei può avere la sua tutela non dalla finanza, che non crea occupazione e ricchezza, ma solo la trasferisce dai lavoratori agli speculatori, gettando i primi sulla strada e arricchendo i secondi, ma dalla tutela delle fonti di produzione di ricchezza nazionale, attraverso il suo affidamento a Enti pubblici (art. 43 Cost.), e non alle S.p.A., le quali possono essere acquistate a prezzi stracciati da chicchessia.
Per governare l’Italia Draghi dovrebbe rinunciare al dogma nel quale crede: quello della privatizzazione della ricchezza nazionale, che fraudolentemente viene trasferita dal popolo a singoli speculatori, togliendo allo Stato i mezzi economici con i quali possa perseguire fini di interesse pubblico generale. Questo dogma di Draghi è contro l’esistenza stessa degli Stati nazionali e annienta il principio indiscusso dell’autodeterminazione dei popoli, solennemente affermata dalla Carta di Sant’Agata dei Goti, sottoscritta, a suo tempo da Raffaele Coppola e da Pierangelo Catalano e tutt’ora sostenuta dal Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il Professor Zamagni.
Ripudio pertanto in pieno il programma evanescente di Draghi, che indica i fini, ma non i mezzi per la ricostruzione dell’Italia e lo invito a uniformarsi alla nostra Costituzione, come gli impone l’articolo 54 Cost. quando afferma che tutti devono osservare la Costituzione e che “i cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”.