Base riformista e i Giovani turchi si dicono contrari all'intergruppo, ma il leader dem rinsalda l'alleanza con i pentastellati. E tenta di spegnere le polemiche sull'iniziativa in Senato, diminuendone la portata: "Se nel lavoro parlamentare ci sono forme di coordinamento, non accenderei troppo i riflettori o farei casi politici". Anche Bettini si smarca, mentre Bordo chiede un'iniziativa analoga a Montecitorio. Freddezza del gruppo alla riunione di ieri
Acque agitate in casa Pd dopo la nascita dell’intergruppo con Movimento 5 stelle e Liberi e uguali al Senato. L’iniziativa, lanciata dal capogruppo dem Andrea Marcucci per fare blocco comune “sulle grandi sfide del Paese”, potrebbe essere l’occasione per rilanciare l’alleanza giallorossa con la benedizione dell’ex premier Giuseppe Conte. Ma gli avversari del progetto stanno tutti al Nazareno, a partire da Base riformista e dalla corrente dei Giovani turchi. “Non accetto che il Pd, per parlare con Draghi o Mattarella, debba prima chiedere il permesso a Conte o ai 5s. Intergruppi e altri esseri mitologici anche no, sembriamo in un mondo parallelo”, ha scritto su Twitter il deputato dem Fausto Raciti. “Pensiamo a rilanciare l’iniziativa del Pd e a farlo uscire da questa assurda subalternità. Intergruppi che guardano al passato hanno davvero poco senso”, è stata la reazione di Matteo Orfini, a cui si è accodata Giuditta Pini. “Le alleanze, specie se strutturali, si decidono con i congressi“, ha attaccato, tirando in ballo il segretario Nicola Zingaretti. Che però non ha alcuna intenzione di rinunciare all’asse con i pentastellati. Intervistato a Oggi è un altro giorno su Rai1, ha tentato di sgombrare il campo dalle polemiche: “Io ho una sola linea: un Pd forte e un’alleanza vincente. Un partito forte nei contenuti, ma bisogna preoccuparsi anche di far vincere quei valori e nelle città costruire alleanze vincenti”. Se il patto di coalizione Pd-M5s-Leu è un punto irrinunciabile, quindi, la vicenda dell’intergruppo appare quasi secondaria. “Se nel lavoro parlamentare ci sono forme di coordinamento, non accenderei troppo i riflettori o farei casi politici“, ha aggiunto, rivolgendosi ai suoi.
Anche il suo braccio destro, Goffredo Bettini, additato da alcuni retroscena dei giornali come il regista dell’operazione a Palazzo Madama, ha cercato di smarcarsi: “Vedo sui giornali di oggi una ricostruzione bizzarra secondo la quale il sottoscritto (insieme a Zingaretti che viene spesso chiamato in causa su tutto e il contrario di tutto) sarebbe stato l’ispiratore della costituzione dell’intergruppo Pd-5Stelle-Leu al Senato. In questi giorni, per rispetto nei confronti del tentativo del professor Draghi di formare il governo, ho preferito tacere sulle polemiche interne al Pd, che pure mi hanno investito in modo strumentale e non argomentato”, si legge in una nota. “Avrò il tempo di presentare pubblicamente le mie riflessioni. Ma sull’intergruppo si distorce talmente la realtà che mi occorre precisare: in nessun modo sono intervenuto o ho espresso opinioni e suggerimenti direttamente o indirettamente. Ho letto la notizia sulle agenzie, anche con qualche sorpresa”. Bettini spiega quindi com’è nata l’idea del coordinamento a Palazzo Madama: “Credo che il senatore Marcucci, a cui si deve la proposta e l’iniziativa conseguente, possa confermare parola per parola quello che affermo”.
La responsabilità sembra quindi tutta del capogruppo dem in Senato, che però nelle settimane scorse non si è affatto distinto per essere uno dei principali sostenitori della coalizione con M5s e Leu. “Non pensavo certo di prefigurare un’alleanza, piuttosto a uno strumento di lavoro parlamentare da utilizzare nei passaggi più delicati”, avrebbe detto ai colleghi secondo quanto riferito dal Corriere della Sera. Insomma, un’idea nata con un obiettivo pratico ma a cui poi è stato dato grande peso politico. Il quotidiano di via Solferino riferisce però che secondo alcuni l’operazione è stata gestita proprio con lo scopo di affossarla sotto il peso delle polemiche interne. “L’intergruppo con M5S e Leu ha lo scopo di garantire un confronto parlamentare sui temi e sull’agenda del Senato. L’ho fatto da capogruppo, avvalendomi della mia autonomia”, ha detto Marcucci a l’Aria che tira su La7. A difendere il progetto c’è il vicecapogruppo alla Camera Michele Bordo, vicino al neoministro Andrea Orlando. “Per il Pd il rafforzamento di questo asse politico è importante e sicuramente troveremo anche alla Camera modalità per coordinare il lavoro tra le forze della vecchia maggioranza, anche per non disperdere i risultati” di quel lavoro, ha dichiarato nelle scorse ore. L’auspicio, quindi, è che un’iniziativa analoga possa prendere piede anche a Montecitorio, anche se in un’assemblea del gruppo che si è svolta ieri pomeriggio sarebbe emersa molta freddezza sull’argomento. Critiche, riferisce l’Ansa, sono arrivate dai deputati di Base riformista Enrico Borghi e Andrea Romano. Graziano Delrio, che non ha fatto riferimento all’organismo nel suo intervento introduttivo, nelle conclusioni si sarebbe limitato a dire che con Crippa e Fornaro, capigruppo alla Camera di M5s e Leu, il coordinamento c’è già.