Sta già facendo discutere la controversa legge sull’aborto appena approvata in Carolina del Sud, negli Stati Uniti, e ribattezzata South Carolina Fetal Heartbeat and Protection from Abortion Act. Il governatore repubblicano Henry McMaster ha infatti messo la propria firma sulla norma che limita in maniera più restrittiva le possibilità per le cittadine dello Stato di ricorrere all’interruzione di gravidanza: la pratica, si legge, sarà vietata oltre le sei settimane dal concepimento.
Un periodo ritenuto eccessivamente ristretto, visto che spesso le donne nemmeno sanno di essere incinte dopo un mese e mezzo e che proprio in quelle settimane si inizia a rilevare il primo battito cardiaco del feto. E proprio il battito del cuore è il discrimine individuato dalla legge: i medici devono eseguire delle ecografie per verificare l’esistenza del battito cardiaco, se questo viene rilevato l’aborto può essere eseguito solo se la gravidanza è stata causata da stupro o incesto o se la vita della madre è in pericolo.
In caso di aborto illegale, a essere punita non sarebbe comunque la madre, esattamente come nel caso di un’operazione svolta in ospedale, ma la persona che si rende disponibile a praticarlo e che potrebbe così essere condannata fino a due anni di reclusione e multata di 10mila dollari se ritenuta colpevole. Pene che valgono anche per i medici che non rispetteranno i nuovi limiti imposti dal testo. “Diventeremo lo Stato più pro-life del Paese”, aveva esultato giorni fa McMaster su Twitter. Il Senato ha approvato il provvedimento il 28 gennaio scorso, dopo anni di tentativi falliti: “È il più grande disegno di legge pro-vita che questo Stato abbia mai approvato”, aveva affermato il repubblicano David Hiott poco dopo il voto.