Tempi strani, quelli che stiamo vivendo. Non si capisce più qual è il senso delle parole, il significato dei concetti – sviluppo sostenibile, cambiamento, democrazia, riforme, eccetera -, tanto meno qual è la consistenza degli impegni e delle pratiche che ne discendono. Questa storia è una bella sintesi.

Nei giorni a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno circa 1200 piccolissimi proprietari terrieri valsusini hanno ricevuto un decreto di esproprio: la loro terra serve per il Tav. Non sono i primi a ricevere il decreto, gli espropri vanno avanti dal 2012, ma questo appartiene a una categoria speciale. Gli espropriati sono persone di ogni condizione e orientamento, tutti accomunati dalla volontà di partecipare a una forma pacifica e massiccia di disobbedienza civile inventata dai No Tav oramai 13 anni fa e che ha già dato luogo a numerose procedure di esproprio.

“Compra un posto in prima fila” è il nome della campagna per l’acquisto capillare di terreni minacciati dalla posa di cantieri del Tav, suddivisi in piccoli lotti da un metro quadro circa ciascuno. La prima “festa” alla Colombera nel marzo 2008, 1397 mini-lotti subito andati a ruba. Dato il grande successo, tre mesi dopo, a Venaus venduti 1500 lotti – a ruba anche questi – proprio nell’area del più importante presidio No Tav, nel 2005 sgomberato dalla Polizia e rioccupato tre giorni dopo con imponenti manifestazioni che sorpresero per la partecipazione e la passione anche l’opinione pubblica più distante dalla controversia.

Poi nel 2010 l’acquisto della Maddalena in Val Clarea: 900 metri quadri suddivisi in 64 lotti, nel cuore del cantiere. Infine nel 2012 la festa sotto la pioggia a S. Giuliano di Susa con oltre mille acquirenti in fila davanti al notaio per comprare il loro metro quadro a 15 euro (raccontata anche questa da Wu Ming su Internazionale).

Sono questi ultimi i destinatari delle notifiche di esproprio di questi giorni. Su queste ultime non appare lo stemma della Repubblica o quello dell’Ente pubblico che esegue l’esproprio; c’è il logo di Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin), Società per Azioni Semplificata nel diritto commerciale francese, con sede in Savoia. Sono i suoi funzionari a comunicare direttamente l’esproprio per “pubblica utilità” e a determinare il valore delle aree sottratte ai proprietari. Lo Stato italiano fornisce la forza pubblica.

Le procedure cominceranno il 22 febbraio: gli interessati debbono presentarsi al varco di Chiomonte sul ponte della Dora, verranno identificati e lasciati passare mostrando la comunicazione di esproprio. Possono portare l’avvocato, formulare contestazioni, delegare qualcuno se non possono presenziare di persona, tutte cose scritte nella notifica di esproprio. Telt avvisa anche i destinatari dei provvedimenti che: “Alle operazioni, oltre al proprietario o al delegato potrà assistere un solo tecnico incaricato” e poi ancora, giusto per mettere le cose in chiaro: “Che chiunque si opponesse alle predette operazioni incorrerà nelle sanzioni di legge” e anche che: “In assenza di codesto proprietario o del suo rappresentante munito di idonea delega […] il verbale di immissione in possesso e lo stato di consistenza saranno ugualmente redatti a termini di legge alla presenza di almeno due testimoni”.

Tuttavia un’anomalia bella grossa stavolta sta attirando l’attenzione dell’opinione pubblica e non solo di quella contraria al Tav. Tutti gli espropri in Italia, invece che la Pubblica Amministrazione italiana e le sue articolazioni territoriali (comuni, provincie, regioni), li fa direttamente Telt: hanno appaltato l’esecuzione di procedure atte a garantire l’esercizio della pubblica utilità direttamente all’utilizzatore! Come se lo speculatore palazzinaro fosse delegato per legge alla gestione burocratica e all’esecuzione degli sfratti degli inquilini. Eppure è proprio così, lo stabilì nel 2016 l’allora ministro del Governo Renzi, Graziano Delrio, con un suo decreto.

Da ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti delegava Telt a “emanare tutti gli atti del procedimento espropriativo nonché tutte le attività […] necessarie alla realizzazione dell’opera. A tal fine Telt è equiparata […] alla ‘autorità espropriante’ ed è tenuta a specificare gli estremi della delega in ogni atto espropriativo”. Lo Stato italiano, dunque, ha delegato una società con sede legale e principale in Francia (un milione di capitale sociale) ad eseguire una delle procedure più significative anche dal punto di vista simbolico – la dichiarazione di pubblica utilità che autorizza lo Stato a violare la proprietà privata, diversamente sacra e intangibile – per realizzare l’interesse pubblico.

Questa sistematica demolizione di tutto ciò che è pubblico è figlia di un pregiudizio che permea destra e sinistra, al punto che istanze sacrosante come “sburocratizzazione”, “certezza dei tempi”, “efficienza e funzionalità”, per la politica nostrana (e le grancasse dei mass media) hanno finito per fare da giustificazione allo smantellamento della Pa con delega a soggetti privati di funzioni pubbliche fondamentali di cui uno stato moderno è unico garante e depositario. Questo mentre i partner europei rinforzano la Pa attribuendole nuove funzioni e responsabilità.

Renzi e Delrio ci hanno lasciato anche la secretazione dei patti fra Stato e Atlantia. Allora, per sapere di che verminaio si trattava, abbiamo dovuto attendere l’incompetente Toninelli: toccherà affidarci al neoministro Brunetta perché lo Stato torni a essere “di diritto” e la Pa lo strumento per realizzarne compiutamente le finalità?

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