Il Corriere della Sera, in un articolo sui problemi economici che dovrà affrontare il nuovo governo, ha scritto che “se si dovesse ridurre il carico fiscale sui redditi sotto i 40-50mila euro il minore gettito potrebbe essere compensato da norme nuove contro l’evasione fiscale”. Questo “potrebbe” lascia a dir poco sbalorditi, visto che l’evasione (stima media, 150 miliardi l’anno) è uno dei più gravi problemi della economia italiana, e una lotta molto dura contro questa vergogna sarebbe dovuta essere comunque fra gli obiettivi dichiarati del nuovo governo, tanto più che il Presidente del Consiglio Mario Draghi è certamente al corrente della entità e della gravità morale ed economica del fenomeno.

Del resto, già l’ex premier Giuseppe Conte aveva posto ripetutamente l’esigenza di ricorrere al carcere per i grandi evasori italiani: una novità clamorosa, che avrebbe meritato non accenni di cronaca ma editoriali di commento dei direttori e interviste ai leader politici per sapere cosa ne pensavano. Tanto più che fin dal giugno dello scorso anno anche Luigi Di Maio aveva chiesto con forza il carcere per i grandi evasori. Ma in realtà, come per il passato, non se ne è fatto nulla e i grandi evasori restano in libertà, mentre le carceri si riempiono di piccoli spacciatori.

Contrariamente a quanto avviene in Italia, nei grandi paesi dell’Occidente l’evasione è trattata come un reato grave e punita con il carcere. L’Institut de criminologie et de droit pénal ci dice che i detenuti per reati economici – e soprattutto per reati fiscali – sono 156 in Italia, 8.601 in Germania, 12mila negli Stati Uniti (dati non recentissimi ma di ottima fonte). Le pene, negli altri Paesi, sono sempre superiori ai due anni, e così dovrebbe essere in Italia per evitare il salvagente della condizionale.

Per dare un’idea della gravità di un fenomeno così rilevante, basti pensare che se non vi fosse evasione tutti i contribuenti potrebbero pagare il 30% in meno di tasse a gettito totale invariato, con un effetto benefico su consumi, produzione e quindi occupazione. E che vi sarebbero le risorse per affrontare i problemi di tanta parte della popolazione dalla vita grama: 8 milioni di poveri, fra cui un milione di minorenni; 4 milioni di disoccupati; 3 milioni di disabili, di cui una metà gravissimi, murati in casa dalle mille “barriere”; un milione di malati di Alzheimer o altre forme di demenza, del tutto abbandonati al sostegno, non solo economico, dei familiari; un numero imprecisato di immigrati irregolari in condizioni miserevoli.

Ma quel che rende maggiormente evidente la gravità del fenomeno è il confronto fra i 150 miliardi di cui lo Stato potrebbe disporre – se lo volesse – e l’entità del Recovery Fund: 209 miliardi, per un solo anno, e naturalmente da restituire. Preoccupa il fatto che a sostenere il governo Draghi ci siano anche Forza Italia e Lega, con una lunga serie di condoni alle spalle. La Lega ha sempre invitato alla “rivolta fiscale” e Matteo Salvini parla solo di tasse da ridurre o eliminare, mentre per Silvio Berlusconi se le tasse sono troppo alte è morale evaderle. Così come preoccupa il silenzio della sinistra.

Speriamo che non valga ancora per il Pd quel che mi scrisse in una mail un alto esponente di quel partito, che avevo ripetutamente provocato su l’Unità di Concita De Gregorio: ”Caro Troilo, andiamoci piano con l’evasione fiscale, perché anche nel nostro Partito ci sono moltissime partite Iva”.

Inoltre, quel che sorprende – e che nessuno riesce a spiegarmi – è perché non si attivino su questo tema (se non con generiche parole di deplorazione) i sindacati e le associazioni di pensionati, che rappresentano gli interessi delle due categorie – lavoratori dipendenti e pensionati – che non possono evadere le tasse perché trattenute alla fonte su stupendi e pensioni. Eppure, stiamo parlando di un totale di oltre 30 milioni di italiani.

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