La norma riduce del 30% fino al 2025 i contributi dovuti per tutti i lavoratori delle aziende del Mezzogiorno. L'Inps era pronta ma in Europa la pratica è andata per le lunghe lasciando gli imprenditori nell'incertezza. Carfagna: "Ora restituire quello che non era dovuto". Problemi anche per il calcolo degli sgravi sull'ultima tredicesima
Il via libera di Bruxelles è arrivato in extremis. Dopo che “tante aziende hanno già pagato per intero quanto previsto”, come ha spiegato la neo ministra per il Sud Mara Carfagna annunciando l’intenzione di chiedere all’Inps “di attivarsi con una circolare che garantisca la restituzione di quanto versato e non dovuto”. Oggetto del contendere la decontribuzione per i lavoratori assunti al sud, introdotta dal governo Conte per agevolare le imprese meridionali. Che ora la Commissione ha peraltro autorizzato solo per il 2021, senza esprimersi sulla riconferma per gli anni che vanno dal 2022 al 2029.
L’incentivo, approvato con l’ultima legge di bilancio, prevedeva l’esonero automatico di una quota progressiva di contributi a favore delle imprese con sede in aree economicamente fragili del Paese per il periodo compreso, appunto, fra il 2021 e il 2029. Ma, a metà febbraio, la decontribuzione non è scattata. Non per colpa dell’Inps che, in un comunicato dell’11 febbraio, aveva fatto sapere di essere pronta ad attivare l’esonero una volta ricevuto il nulla osta ministeriale. “L’istituto è in attesa dei necessari passaggi con la Commissione europea”, spiegava la nota dell’istituto previdenziale guidato da Pasquale Tridico. “Si ricorda infatti che per le misure che si configurino come aiuti di Stato è necessario il perfezionarsi dell’iter previsto dalla normativa comunitaria”.
Il problema è che intanto le aziende contavano su uno sgravio importante in una fase particolarmente difficile. L’agevolazione è infatti pari al 30% per i contributi versati fino al 31 dicembre 2025, 20% di quelli previsti per il 2026 e 2027 e 10% fra il 2028 e il 2029. Secondo le stime del ministero per il Sud e la coesione territoriale, la misura interessa 500mila imprese con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, per un totale di 3 milioni di lavoratori con una riduzione complessiva del costo del lavoro medio per dipendente pari al 7,5 per cento.
Il ritardo di Bruxelles – Il punto è però che ogni “sconto” è un costo per le finanze pubbliche: circa 4 miliardi dal 2021 al 2025 per scendere poi a 2,6 miliardi per il 2026 e il 2027 giungendo infine a 1,3 miliardi nel 2028 e il 2029, come ha spiegato il ministero. Di qui l’attenzione di Bruxelles, che deve esprimersi anche sugli incentivi per assunzioni di donne e under 18. Ma si è mossa con una lentezza che ha fatto andare su tutte le furie gli imprenditori italiani. “I ritardi della burocrazia non sono tollerabili, soprattutto per le tante piccole e medie imprese che in una fase di grave difficoltà hanno voluto scommettere sul rilancio produttivo e occupazionale, andando avanti con gli iter e dando per scontato di poter usufruire degli sgravi nei tempi prestabiliti”, ha commentato Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria e responsabile delle politiche di coesione di Viale dell’Astronomia.
Sgravi sulla tredicesima, decide il Tar – Come se non bastasse a complicare le cose c’è stato anche un mezzo pasticcio sul tema tredicesime 2020 per la decontribuzione prevista dal decreto Agosto anche per l’ultimo trimestre dello scorso anno. Secondo le indicazioni dell’Inps, gli imprenditori avrebbero diritto ad alleggerire il carico contributivo relativo alla tredicesima solo per la quota relativa ai tre mesi interessati dal provvedimento. Ma per il sindacato dei consulenti del lavoro, Ancl, lo sgravio è invece per l’intero importo della tredicesima. Lo scontro è arrivato davanti al Tar del Lazio che per il momento ha sospeso il messaggio con le istruzioni dell’ente previdenziale rimandando la soluzione definitiva.
“Su queste misure c’è una forte attenzione mediatica. Gli imprenditori ci contano dando per certo quanto viene comunicato attraverso i mass media – spiega Roberto Cunsolo, consigliere dell’Ordine dei commercialisti con delega alla fiscalità del lavoro –. Il problema è che poi, spesso e volentieri, trascorre tempo fra l’approvazione della norma, la definizione delle istruzioni applicative e la sua reale attuazione. Così accade che i commercialisti si trovano in difficoltà perché devono spiegare ai clienti che gli annunci non hanno concreta e immediata attuazione. In questo modo, la politica ci complica la vita. Meglio sarebbe parlare dei provvedimenti solo quando sono immediatamente operativi. Perché altrimenti accade che, come in questo caso, alla scadenza del 16 febbraio i consulenti non hanno potuto attuare la decontribuzione perché manca il codice autorizzativo dell’Inps”.