di Marta, navigator
Sono una giovane navigator. Ho 31 anni, due lauree e un master. Il primo maggio del 2021 scapperò via da questo Paese e con me porterò mia figlia. Lo farò per me e per lei, perché non voglio che cresca in un’Italia capace soltanto di fare passi indietro. Faccio le valigie e cambio Paese. Mi lascio alle spalle la vuota demagogia del “puntiamo sull’occupazione femminile e sui nostri migliori giovani laureati”. Tra i complessivi 2660 navigator ci sono 1596 donne e tra due mesi questo Paese le lascia a casa dopo averle malamente sottoimpiegate.
Lascio un Paese vecchio, dove si ha l’abilità di trasformare le vittime in carnefici. In cui una categoria professionale con dentro 1596 donne è stata per mesi oggetto di una macchina del fango senza tregua, alimentata dall’insana idea che questi professionisti non rappresentassero un patrimonio di risorse umane su cui l’Italia doveva puntare, ma il braccio armato di una determinata parte politica (per inciso, io non voto da quando avevo 22 anni e continuerò a non farlo, figuriamoci se posso essere additata come attivista di qualsivoglia partito o movimento).
I navigator hanno avuto la sola colpa di avere lauree magistrali con medie di voto altissime, di essere risultati tra i migliori in una selezione pubblica che ha contato 80mila domande di partecipazione, di essere stati mandati al macello, in piena pandemia mondiale, a svolgere una professione privi di strumenti adeguati. Il tutto in una relazione di contrasto continuo con le Regioni che inquadrano le Politiche per il lavoro in una logica di mero favoritismo alle agenzie private, vera fucina di voti e consenso.
I dipendenti dei Centri per l’impiego pubblici sono ridotti al ruolo di automi, sono delle macchine improduttive che pongono in essere un mero adempimento burocratico. Gli si presenta di fronte il cittadino che ha perso il lavoro, lo inseriscono nelle liste dei disoccupati e chi si è visto si è visto. Non sono previsti percorsi di inserimento al lavoro. Tutto è demandato al privato. Questo è il sistema pubblico delle Politiche attive del lavoro che abbiamo in mente?
Tutto molto distante da quello che, seppur azzoppati, abbiamo fatto noi navigator in quest’anno e mezzo, a contatto diretto e costante con i beneficiari. Me ne vado dall’Italia e spero che molte delle mie giovani colleghe siano disposte a fare lo stesso.