Rivedere “le regole e i criteri delle zone”, introdotte nel novembre scorso dal governo Conte, e “cambiare passo” sui vaccini. Sono queste le richieste che le Regioni fanno al governo al termine del vertice che si è svolto sabato pomeriggio. Sembra tramontata, quindi, l’ipotesi avanzata dal governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini di mettere tutta Italia in una sorta di lockdown soft (con regole da zona arancione) per qualche settimana per rallentare la circolazione delle varianti. È questo il primo dossier che il nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi dovrà affrontare dopo l’allarme lanciato dall’Istituto superiore di sanità. Gli esperti chiedono infatti un rafforzamento delle misure, da un lato perché, come ha spiegato Gianni Rezza del ministero della Salute, “c’è un’inversione di tendenza” nei contagi, dall’altro perché la mutazione inglese è “il 39% più contagiosa” del ceppo originario ed è già presente nel nostro Paese in un caso positivo su tre. Anche il ministro Roberto Speranza, a un anno esatto dal primo caso di coronavirus a Codogno, ha ricordato che “siamo ancora dentro questa sfida“, soprattutto nelle aree oggi “più colpite” dalle varianti del Covid, che sono una nuova insidia“.
Il primo passaggio è il nuovo decreto Covid che verrà approvato dal Consiglio dei ministri, convocato per lunedì 22 febbraio. Con tutta probabilità il provvedimento conterrà la proroga del divieto di spostamento tra Regioni, in scadenza il 25 febbraio. Subito dopo il governo dovrà decidere quali restrizioni applicare a partire dal 5 marzo, data di scadenza del dpcm che regola il meccanismo dei colori. Diversi scienziati, dal direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito al virologo della Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, chiedono di mantenere l’attuale sistema, che a differenza degli altri Paesi europei finora ha evitato all’Italia un secondo lockdown nazionale. Il governatore emiliano e presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha spinto invece verso la creazione di una grande zona arancione: ora servono “restrizioni omogenee” per “respingere questa nuova ondata”, aveva detto ieri a Skytg24. Ma il vertice di sabato ha reso evidenti le divergenze di vedute tra i colleghi governatori.
Al termine dell’incontro lo stesso Bonaccini ha infatti annunciato che le Regioni “nelle prossime ore presenteranno al governo una piattaforma di proposte in vista del prossimo Dpcm, nella convinzione che occorra un deciso cambio di passo nella campagna vaccinale e per la ripresa economica. Anche per questo abbiamo chiesto al Governo un incontro urgente”. I governatori, aggiunge, hanno anche affrontato “le questioni che riguardano la revisione dell’attuale sistema di regole che definisce l’entrata e l’uscita dalle diverse zone. È necessaria una revisione ed una semplificazione con la contestuale revisione dei criteri e dei parametri di classificazione. Serve un respiro più lungo ed un’analisi approfondita dei luoghi e delle attività, anche in base ai dati di rischio già accertati”, spiega Bonaccini. “Non solo. Occorre che le misure siano conosciute con congruo anticipo e tempestività dai cittadini e dalle imprese. Tutte le Regioni hanno poi richiesto che per i provvedimenti che introducono restrizioni particolari per singoli territori si attivino anche contestualmente gli indennizzi per le categorie coinvolte“.
Il governatore della Toscana Eugenio Giani si era detto d’accordo con la proposta del collega emiliano di un lockdown soft: “La gradualità delle restrizioni attraverso il sistema dei colori ha funzionato quando ci sono state fasi con forti differenziazioni fra territorio e territorio. Ora c’è una certa omogeneità” e la proposta di Bonaccini “è comprensibile”, ha spiegato a Tagadà su La7. Favorevole anche Attilio Fontana, alle prese in Lombardia con un aumento dei casi che ieri ha toccato il picco da inizio 2021. Ma il presidente della Liguria Giovanni Toti (e non solo lui) si è messo di traverso: “Dopo un anno di lockdown penso che cittadini e imprese si aspettino esattamente l’opposto“. A vertice concluso, l’ex giornalista si spinge addirittura a proporre “una zona gialla nazionale, che preveda maggiori aperture, come ad esempio sport, palestre e piscine, spettacolo, consentendo ai ristoranti di scegliere se aprire a pranzo o a cena”. A dargli manforte c’è Matteo Salvini, oggi parte integrante dell’esecutivo. Il leader della Lega chiede di fermarsi “con gli annunci, gli allarmi e le paure preventive che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, se ci sono zone più a rischio si intervenga in modo rapido e circoscritto“. Parole che sembrano escludere proprio l’ipotesi di una zona arancione estesa in tutto il Paese.
Sta di fatto che al momento mezza Italia si trova già in questa fascia di rischio. Dopo l’ultimo monitoraggio dell’Iss, Campania, Emilia Romagna e Molise si sono aggiunte ad Abruzzo, Liguria, Toscana, Umbria, Trento e Bolzano, che già da una settimana sono in arancione. Nessuna regione passa invece formalmente in rosso, anche se nelle zone dove è stata individuata una maggiore diffusione delle varianti sono già scattati lockdown locali. In zona rossa sono le province di Bolzano, Perugia, Pescara e Chieti e diversi comuni in Lombardia, Toscana, Molise, Lazio e Piemonte. Ma è probabile che gli interventi “tempestivi e aggressivi” a livello locale chiesti da Gianni Rezza andranno ad aumentare nei prossimi giorni. Proprio in queste ore nel Lazio sono state create altre due zone rosse per l’alta incidenza di casi di mutazione britannica: si tratta di Colleferro e Carpineto, in provincia di Roma. Una situazione eterogenea che impone di mantenere ancora alta l’attenzione.
Lo sanno bene anche i cittadini: secondo l’ultimo sondaggio di Nando Pagnoncelli (Ipsos) per il Corriere della Sera, il 38% degli italiani è convinto che si debbano mantenere le misure restrittive attuali, mentre il 34% vorrebbe addirittura un lockdown più severo, limitato nel tempo ma generalizzato in tutto il Paese. Il 16% chiede invece un allentamento delle norme in vigore. Nelle prossime ore il premier Mario Draghi dovrebbe fare un punto con i ministri interessati e gli esperti per valutare proprio l’impatto delle varianti, in vista del decreto Covid atteso a Palazzo Chigi per lunedì. Sarà lui ad annunciare la linea anche in base alle proposte che arriveranno dai governatori. L’intenzione in ogni caso sembra quella di prorogare, almeno per adesso, il divieto di spostamento tra zone gialle – che scade il 25 febbraio – in modo da avere più tempo per lavorare, anche con le Regioni, ad un unico provvedimento che rinnoverà la strategia anti-pandemia di Palazzo Chigi.