Si cominciano a vaccinare quelli della classe 1941. Chi è nato prima deve attendere, anche se si tratta probabilmente dei più fragili. I sindacati chiedono chiarimenti. L'assessore alla Sanità Manuela Lanzarin parla di prassi seguita a livello internazionale e dice che i grandi anziani sono meno esposti. Con la sola eccezione dell'Umbria, le altre Regioni non creano distinzioni tra gli over 80. Lombardia ed Emilia, addirittura, danno la precedenza ai più anziani
L’allarme lo hanno lanciato i sindacati dei pensionati. In Veneto si cominciano a vaccinare gli ultraottantenni partendo dai più giovani, per risalire indietro nel tempo fino alle coorti successive. Il che significa che solo gli ottantenni per il momento stanno ricevendo la prima dose. Gli altri devono attendere, anche se sono più fragili. E quindi hanno paura di prendere il Covid e di morire prima che venga il loro turno. L’assessore regionale del Veneto, Manuela Lanzarin, si difende dicendo che queste sono le indicazioni delle autorità sanitarie internazionali. Ma viene smentita non solo dai protocolli, ma pure da quello che stanno facendo le altre regioni italiane. A parte le lamentele provenienti dall’Umbria, analoghe a quelle del Veneto, l’impostazione di tutti i piani di somministrazione, dal Lazio al Piemonte al vicino Friuli, è quella di aprire le prenotazioni a tutti gli over-80, senza ulteriori fasce. Mentre Lombardia ed Emilia Romagna privilegiano i più anziani tra gli anziani.
LA DENUNCIA – “La programmazione vaccinale della Regione non tiene conto delle fasce più fragili della popolazione, di quei grandi anziani che sono le principali vittime del Covid. Lo diciamo da tempo: bisogna fare presto altrimenti fra qualche mese staremo a piangere ancora molti morti fra i nostri cari”. A dichiararlo sono Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil che hanno fatto due calcoli. In Veneto ci sono circa 200mila anziani non autosufficienti (che dovrebbero essere vaccinati a casa), mentre il 60 per cento dei 360mila ultraottantenni vive da solo. Gli ultranovantenni, poi, sono 65.510. “Sappiamo che la fornitura di vaccini ha subito un rallentamento, ma vanno rispettate le priorità indicate dall’Istituto Superiore di Sanità”. Da ricordare che 9 pensionati veneti su 10, secondo un sondaggio, sono pronti a vaccinarsi. E gli over-90, pur essendo solo il 3 per cento dei contagiati totali hanno raggiunto il 28 per cento di tutti i decessi”.
Il piano prevede, in Veneto, che il primo scaglione di persone da vaccinare comprenda i nati nel 1941 dal 15 febbraio, poi vengono i nati nel 1940 (dal 22 febbraio), nel 1939 (dall’8 marzo), nel 1938 (dal 15 marzo) e così via in base alla disponibilità. I sindacati: “Il ministero della Salute ha dato priorità ai soggetti più fragili indicando esplicitamente gli over 80 e ci saremmo aspettati che la Regione coerentemente partisse dai più anziani. Gli anziani sono persone piene di voglia di vivere, attive, per nulla avulse dalla società. Hanno tantissimi interessi, rappresentano la memoria della storia del nostro Paese, con le loro pensioni aiutano i propri cari a far quadrare i bilanci familiari. Il segnale che si lancia con questa programmazione è inquietante, sembra che certe categorie di persone a rischio siano sacrificabili”.
LA “PRASSI” DELL’ASSESSORE – L’assessore alla Sanità del Veneto, Manuela Lanzarin, replica: “La prassi seguita a livello internazionale, nelle linee-guida di vaccinazione mondiale, è di cominciare dagli over 80. Smaltite le prime coorti di quella decade, i numeri si ridurranno e arriveremo rapidamente ai novantenni, che ovviamente ci stanno altrettanto a cuore e che sono posizionati un po’ più in là solo perché mediamente sono meno esposti al virus per le diverse abitudini di movimento e relazione”. Quindi secondo l’assessore gli 85enni sono meno esposti degli ottantenni perché stanno di più casa. Lanzarin cerca di scaricare il problema sulle forniture: “Se fosse per noi, vaccineremmo tutti subito, ma purtroppo scontiamo la carenza di dosi. Ho incontrato i medici di medicina generale, con loro potremmo accelerare, ma tutto dipende ancora una volta dalle forniture”. Il problema è che “la prassi” di cui parla l’assessore non esiste in nessuna linea-guida e non è applicata nemmeno nelle altre regioni italiane. Sulla stessa impostazione del Veneto c’è solo l’Umbria, dove, infatti, sono fioccate le proteste, perché si è cominciato con chi ha 80 o 81 anni smpre adducendo come motivazione la disponibilità di dosi e la maggiore mobilità. Ma la linea del Veneto non è seguita, ad esempio, nel vicino Friuli Venezia Giulia, dove un ultraottantenne deve solo prenotarsi per essere vaccinato, senza fasce di età. In Piemonte le priorità “saranno stabilite dai medici di base in base a patologie ed età, e saranno gli stessi medici a contattare i pazienti per fissare la prenotazione nei centri vaccinali”. In Emilia Romagna è avvenuto addirittura il contrario, visto che dal 15 febbraio hanno cominciato a prenotarsi i più anziani tra gli anziani, nati prima del 1936. I nati dal 1937 al 1941 possono iscriversi solo dall’1 marzo. Lo stesso in Lombardia: priorità ai cittadini ultracentenari, che in regione solo oltre 4.000, a scalare sarà il turno degli ultra novantenni fino ad arrivare fino ai nati nel 1941. In Lazio è stata aperta la possibilità di prenotarsi, senza alcuna indicazione di priorità.
IL MINISTERO – Infatti il Ministero della salute non prevede suddivisioni in fasce, ma si limita a dire, sugli anziani: “Considerata l’elevata probabilità di sviluppare una malattia grave e il conseguente ricorso a ricoveri in terapia intensiva o sub-intensiva, questo gruppo di popolazione rappresenta una priorità per la vaccinazione”. Per gli ultraottantenni, rimanda alla consultazione del sito della rispettiva Regione per conoscere tempi e modalità. Nessun riferimento a presunte priorità per gli ottantenni rispetto ai grandi anziani.