A Roma, da novembre, sono già 12 le vittime del freddo. La Comunità di Sant'Egidio si appella a istituzioni, proprietari di alberghi e seconde case per trovare immediatamente nuovi spazi: "Sceglieremo gli ospiti e saremo disponibili a intervenire, qualora fosse necessario. Le cifre che possono essere corrisposte per il servizio di alloggio variano da persona a persona, ma siamo pronti a trovare un accordo", dice al Fatto.it un volontario. A offrirsi già dal primo lockdown è Diego D'Amario, titolare dell'albergo Marco Polo nella Capitale
Trasformare l’emergenza Covid-19 in un’opportunità per tamponarne un’altra: quella del freddo. La comunità di Sant’Egidio ha rilanciato l’appello agli alberghi vuoti o chiusi per il calo dei turisti affinché aprano le loro stanze ai senza fissa dimora. Una chiamata indirizzata anche alle istituzioni e alle persone che possiedono delle seconde case o Airbnb. “Aprite a chi ne ha più bisogno, contattateci. Sceglieremo gli ospiti e saremo disponibili a intervenire, qualora fosse necessario. Le cifre che possono essere corrisposte per il servizio di alloggio variano da persona a persona, ma siamo pronti a trovare un accordo”, dice al Ilfattoquotidiano.it il coordinatore delle cene itineranti di Sant’Egidio, Massimiliano Signifredi. Il numero da chiamare per aiutare la Comunità in questo progetto è 06/4292929, mentre per conoscere gli indirizzi di raccolta per l’emergenza freddo, Sant’Egidio ha pubblicato una lista completa dei punti sparsi su tutto il territorio nazionale sul suo sito, dove è possibile trovare anche un link per le donazioni.
L’appello che Sant’Egidio lancia è rivolto a tutta Italia, ma, come ci racconta il volontario Signifredi “l’emergenza è soprattutto a Roma. Dall’inizio di novembre sono morte in strada, solo nella capitale, 12 senza fissa dimora. Tra questi, Mario, 58 anni, il 6 gennaio, nei pressi della stazione Termini, proprio davanti a un albergo chiuso per l’emergenza Covid”. Il problema di garantire un tetto a chi non ce l’ha quest’anno arriva nel cuore della crisi sanitaria dovuta al coronavirus: gli spazi che un tempo ospitavano i senza tetto, adesso possono accoglierne un numero molto inferiore a causa del distanziamento necessario a prevenire il contagio. “Le persone muoiono per strada: è un’emergenza”, continua Signifredi, “abbiamo chiesto al Prefetto e all’amministrazione di mettere a disposizione alcune palestre comunali, caserme, edifici chiusi, che potrebbero essere utilizzati. Il punto è trovare più spazi. Ad esempio, se per dare alloggio ai senza tetto i proprietari avessero un indennizzo sarebbe tutto più rapido”.
“Le persone finiscono per la strada per tanti motivi, ma principalmente perché perdono il lavoro. E da questo, a valanga, arrivano una serie di problemi da affrontare. Dopo aver trovato loro un tetto, infatti, il passo successivo è aiutarli a trovare un impiego: alcuni sono stati inseriti come badanti o come addetti alle pulizie”, spiega Signifredi di Sant’Egidio. “Quest’anno il problema del distanziamento lo abbiamo risolto mettendo dei pannelli che separano gli ambienti, creando in sostanza delle piccole unità per ogni ospite. Ma i posti, a causa delle norme anti-Covid, sono inevitabilmente diminuiti. Quindi, rinnova Sant’Egidio: “Dateci una mano e apriteci la porta”.
(In foto: la scultura Homeless Jesus di Timothy Schmalz in piazza Sant’Egidio a Roma)