Cronaca

Variante inglese, il Cnr: “Nel centro Italia è già presente nel 40-50% dei casi. Senza misure in un mese e mezzo sostituirà il ceppo standard”

Lo studio è basato su un algoritmo ribattezzato "Scova-varianti" e rileva un'ampia presenza del ceppo britannico in Abruzzo Marche, Toscana e Umbria, oltre che nelle Province autonome di Trento e Bolzano. Il fisico Spinella avverte che servono "misure contenitive" per evitare che la mutazione dilaghi. Stando al calcolo differenziale, inoltre, sarebbe comparsa in Italia "già nei primi giorni di dicembre 2020"

Per contrastare la variante inglese del coronavirus, il 39% più contagiosa del ceppo di Wuhan e quindi più pericolosa per l’impatto che può avere sugli ospedali, servono nuove restrizioni. Dopo l’appello lanciato nei giorni scorsi dall’Istituto superiore di sanità, a dirlo ora è un nuovo studio del Consiglio superiore delle ricerche. “Nelle Regioni dove si è registrato un rapido aumento dei casi come Abruzzo, Marche, Toscana e Umbria, oltre che nelle Province autonome di Trento e Bolzano, le varianti di Sars-Cov-2 sarebbero, secondo le simulazioni sull’andamento dei ricoverati, già tra il 40 e il 50% del totale dei positivi“, spiega il fisico Corrado Spinella, direttore del Dipartimento di Scienze fisiche e tecnologie della materia del Cnr. Le simulazioni dicono che in Abruzzo, “se non dovessero esserci misure contenitive“, i casi della variante “potrebbero raggiungere la quota del 90%” nel giro di un mese. E in tutte le altre Regioni “che si trovano già ad avere il virus variato almeno al 50%, la variante a maggiore contagiosità sostituirà pressoché totalmente la versione ‘standard’ nell’arco di un mese e mezzo a partire da oggi. Dunque, a fine marzo”.

La simulazione è basata su un algoritmo ribattezzato “Scova-varianti”, sviluppato dal team del Cnr che da quando è scoppiata la pandemia monitora l’evoluzione della malattia. Spinella rileva che il trend di diffusione del ceppo britannico “è in aumento” e le sue previsioni sono pienamente in linea con quelle ipotizzate dall’Istituto superiore di sanità. Stando al monitoraggio effettuato a inizio febbraio su un campione di tamponi in tutta Italia, infatti, gli esperti dell’Iss hanno accertato che il ceppo britannico è presente in media in un caso positivo su tre. Con punte del 59% proprio nelle Regioni del centro Italia, le più colpite nelle ultime settimane e alle prese con un’accelerazione dei contagi. Non a caso Abruzzo, Toscana e Marche sono da settimane in zona arancione, così come l’Umbria e le province autonome del Trentino Alto Adige. In ciascun territorio sono state inoltre istituite delle mini zone rosse proprio per contrastare i focolai di varianti: è il caso della provincia di Perugia, dell’anconetano, l’area metropolitana di Pescara-Chieti.

Lo studio del Cnr, essendo una simulazione matematica, riesce a fornire ulteriori previsioni sull’andamento dei contagi anche nelle altre Regioni. Spinella avverte che “l’Emilia Romagna e la Lombardia iniziano a esibire un trend di aumento dei casi ospedalizzati riconducibile alla presenza delle varianti a maggiore trasmissibilità“. Non a caso la Lombardia nei giorni scorsi è alle prese con un picco di contagi da inizio 2021 e l’Emilia Romagna è stata messa in zona arancione a partire da oggi. Sono spuntati anche i primi focolai accertati di variante inglese, come nelle due scuole di Bollate – alle porte di Milano – e nell’asilo del quartiere Barona del capoluogo lombardo. Secondo il fisico, dal calcolo differenziale emerge infine che “le varianti sono comparse su una frazione molto piccola di positivi già nei primi giorni di dicembre del 2020″.