La provincia lombarda - con 9.500 contagi in 21 giorni - è tra le otto più colpite negli ultimi giorni considerando il numero di casi su 100.000 abitanti. Il direttore generale dell'Asst Spedali Civili: "Lenta e costante risalita delle ospedalizzazioni da Natale in poi. Il virus c'è, la variante inglese è presente e dà segno di sé soprattutto sul territorio"
Brescia – con 9.500 contagi dall’1 febbraio – è tra le otto province italiane più colpite da nuove infezioni di Sars-Cov-2 negli ultimi giorni considerando il numero di casi su 100.000 abitanti. Una situazione che allarma e potrebbe richiedere misure restrittive. “Usciremo da questa situazione solo con una massiva campagna vaccinale. I dati di Brescia sono all’attenzione del Comitato tecnico scientifico nazionale che farà valutazioni a breve”, ha detto il sindaco Emilio Del Bono, che ha riferito di aver già parlato con il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, della situazione della sua città, da giorni tra quelle che più preoccupano per l’evoluzione del contagio. “Sono pienamente cosciente che c’è un aumento dei casi”, ha aggiunto.
In provincia il virus sta circolando sempre di più e, afferma Del Bono, cominciano ad aumentare i ricoveri: “L’andamento adesso ha cominciato ad avere un impatto sulle strutture sanitarie, con un graduale incremento sui ricoveri”, ha detto ancora il sindaco riferendo di un “andamento in crescita” delle ospedalizzazioni sul territorio, ha aggiunto. Il problema, ha spiegato, riguarda soprattutto “la provincia di Brescia a ovest, la zona della Franciacorta”, ma anche gli ospedali cittadini “hanno cominciato a registrare un incremento di ricoveri”. Al prefetto “abbiamo chiesto maggior controllo e severità nel colpire fenomeni che registriamo soprattutto nelle fasce giovanili e adolescenziali”.
“Per quanto riguarda la città – ha aggiunto Del Bono – non c’è una situazione particolarmente grave, ma l’andamento del contagio preoccupa soprattutto in provincia”. Nei giorni scorsi Castrezzato è stato dichiarato zona rossa. “Non spetta a noi dire se siamo da zona rossa, gialla, arancione. Esistono i comitati tecnici scientifici, nazionale e regionale, che ci devono dire quale è la situazione. Non so dire quindi se oggi siamo da zona rossa perché non ho tutti i dati che ha invece il Cts”, ha sottolineato Del Bono aggiungendo che “sarei per arginare il flusso di gente il sabato pomeriggio in centro città”. Se Brescia resterà la zona gialla, ha detto ancora, “valuterò di limitare la vendita di alcolici nel centro città dopo quanto visto negli ultimi fine settimana”.
Di numeri ha parlato anche il direttore generale dell’Asst Spedali Civili Massimo Lombardo: “Poco prima di Natale eravamo scesi sotto quota 200 pazienti Covid complessivamente ricoverati. Da inizio anno molto lentamente abbiamo visto una ripresa e siamo arrivati a oltre 280 ospedalizzati, con una proporzione del 10% in terapia intensiva, quindi una percentuale di pazienti più gravi che resta stabile”, ha spiegato. Il “lento e costante” aumento sul fronte ospedaliero “ha coinciso anche con un gran numero di asintomatici intercettati ai tamponi, che abbiamo visto crescere giorno per giorno”. Tutto questo, ha spiegato Lombardo, “ci fa dire che dal nostro punto di vista la malattia non sembra essere cambiata” e ha sottolineato che al momento “non c’è allarme” per la tenuta della struttura ospedaliera, “ma i numeri cominciano a diventare significativi”.
Stando agli ultimi dati, Brescia è la provincia lombarda più colpita dal coronavirus Sars-CoV-2 in termini di contagi, insieme a Milano. Domenica l’aggiornamento quotidiano segnalava 704 nuovi positivi (a Milano 649), nei giorni precedenti erano 766, 787, 559 il 18 febbraio. “Rimane il fatto che il virus c’è, la variante inglese è presente e dà segno di sé soprattutto sul territorio – sottolinea il dg degli Spedali Civili – Noi stiamo vaccinando il più possibile, tutto quel che arriva lo somministriamo, ma ci vorrà tempo prima di vedere modifiche alla curva dei contagi per effetto della vaccinazione. Quindi resta fortissimo il richiamo all’importanza delle precauzioni, delle misure anti-contagio (mascherina, distanziamento, igiene delle mani). So che c’è stanchezza, ma servono”. Anche perché, conferma Lombardo, i contagi sono in crescita: “Noi lo vediamo dalla quota di positivi che viene rilevata dal nostro maxi centro, che fa in totale 1.100-1.200 tamponi tutti i giorni in modalità drive through”.
Brescia, come Bergamo, è stata tra le città più colpite durante la prima ondata. Tanto che, il 21 marzo 2020, i medici dell’intera provincia lanciarono un appello: “Le terapie intensive della Lombardia non hanno più posti, bisogna chiudere tutto. Non si può continuare a far circolare le persone”. Non si potrà rimuovere il giorno in cui il vescovo, Pierantonio Tremolada, benedì le salme delle vittime nel cimitero Vantiniano, dove i feretri erano stati portati perché gli obitori degli ospedali erano ormai pieni. Così come rimane vivido il ricordo dell’alto prelato che portava la croce per le vie deserte del centro della città.
“Siamo preoccupati, inutile nasconderlo. Ci stiamo chiedendo perché abbiamo questi numeri in un momento in cui tutti sentiamo il bisogno di tornare a una vita normale. A causa delle varianti e al numero di contagi che comportano ci troviamo ad affrontare questa situazione”, dice ora Tremolada. ”Mi stupisce che i contagi siano così alti dopo la dura esperienza della prima ondata. Brescia non ha abbassato la guardia”, continua. In città, ha aggiunto, “c’è tanta stanchezza, il desiderio di respirare e di tornare a vivere la socialità – spiega il vescovo – ma ora occorre stringere ancora di più i denti in attesa dei vaccini”. Intanto “mi appello al senso di responsabilità e all’autodisciplina di tutti. Ognuno si ricordi che i suoi comportamenti hanno effetti sociali. Ci si aiuti ad esercitare il senso di responsabilità”, sottolinea.