“Una persona amabile”. “Gentilissimo e sempre disponibile per gli italiani in Congo”. “Lavorava tantissimo anche a livello sociale, aveva anche creato un’associazione per aiutare la popolazione”: sono solo alcuni dei primi commenti di chi ha conosciuto l’ambasciatore Luca Attanasio e commenta incredulo la notizia della sua morte. Cooperanti, missionari, tutti ne serbano un ottimo ricordo.
È presto per capire cosa sia davvero successo. Secondo le prime informazioni, risulta che l’ambasciatore e il carabiniere Vittorio Iacovacci fossero partiti questa mattina presto da Goma, capoluogo della regione del Nord Kivu, al confine con il Rwanda, in direzione del Parco Nazionale dei Virunga, insieme a un convoglio del PAM (Programme Alimentaire Mondial, World Food Program) per distribuire alimenti alle popolazioni vulnerabili in quella zona, che è notoriamente molto pericolosa e lungo la quale si sono già verificati assalti armati.
Fonti italiane sul posto confermano a ilfattoquotidiano.it di aver incontrato l’ambasciatore proprio in questi giorni: sabato Attanasio aveva raggiunto Bukavu da Goma in macchina, percorrendo i 200 chilometri che separano i due capoluoghi in auto e non – come è prassi – attraversando in barca il lago Kivu, fermandosi a Bobandana a visitare un progetto del PAM. Domenica mattina erano poi ripartiti da Bukavu, per tornare a Goma via lago. Le nostre fonti ci confermano che avrebbe dovuto visitare un altro progetto del PAM a nord di Goma, sulla strada verso Rutshuru. Una strada molto insicura. Per questo – sempre secondo le fonti che abbiamo contattato – la strada era stata prima monitorata e dichiarata sicura per questo viaggio, così come la strada percorsa sabato.
Giunti nel territorio del Nyiragongo, il convoglio del PAM sarebbe stato assaltato da uomini armati. Al momento, non si sa né quanti fossero né a che gruppo appartenessero. L’autista, colpito più volte, sarebbe morto sul colpo. Morto sul posto anche il carabiniere Vittorio Iacovacci. Attanasio, gravemente ferito, sarebbe stato trasportato all’ospedale della Monusco a Goma, dove ne sarebbe stata confermata la morte.
Secondo il media locale ‘7sur7‘, si sarebbe trattato di un tentativo di rapimento del diplomatico, al quale hanno reagito le guardie del Parc National des Virunga insieme ad elementi delle forze armate. Secondo quanto reso noto dall’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN), le guardie del parco sono intervenute in un secondo tempo, “mentre era già in corso l’attacco contro i due veicoli dell’Onu avvenuto verso le 10.15 presso una località nota come 3 antennes, sulla Route Nationale n. 2”.
Si tratta della stessa località in cui due turisti britannici erano stati rapiti da uomini armati non identificati l’11 maggio 2018, a una quindicina di chilometri da Goma, nel mezzo del Parco dei Virunga. La zona è considerata pericolosa per la presenza in particolare dei ribelli delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) che tendono imboscate sulla RN4 dal parco.
Se secondo alcune fonti l’ambasciatore – che era in missione nel Kivu da diversi giorni – è stato vittima di un tentativo di rapimento, altre parlano già di attacco premeditato, ma è presto per trarre conclusioni. Dalle prime foto del luogo dell’agguato, pare che l’auto su cui viaggiava non fosse blindata, fatto strano e inusuale nel Paese, specie per un diplomatico. Tanto più in una zona così pericolosa e notoriamente infestata da bande armate.
Nel 2014, lo stesso direttore del Parco Nazionale dei Virunga, il principe belga Emmanuel de Merode, era stato ferito in un’imboscata, mentre era di ritorno da Goma. Viaggiava solo, a bordo del suo fuoristrada. Quattro colpi d’arma da fuoco allo stomaco. Trasportato d’urgenza in ospedale in condizioni estremamente critiche e sottoposto a un delicato intervento chirurgico, si era salvato. Quel 15 aprile, de Merode si era recato a Goma per depositare in tribunale un dettagliato esposto sugli abusi di una compagnia petrolifera all’interno del parco.
Lo scorso 10 gennaio, sei guardie forestali erano state uccise in un’imboscata. L’ultima di una lunga serie. Per questo motivo, il Parco Nazionale dei Virunga, noto in tutto il mondo perché ospita gli ultimi gorilla di montagna, è stato chiuso alle visite già da metà 2018, chiusura reiterata ora anche a causa della pandemia.