Alessandro Di Battista è formalmente fuori dal Movimento 5 stelle. A due giorni dall’avvio della procedura di espulsione dei 36 parlamentari M5s che si sono espressi contro il governo Draghi e mentre i vertici sono al lavoro sulla lista dei sottosegretari (con la speranza di ricompattare il gruppo), è arrivata la notizia della separazione ufficiale dell’ex deputato e leader dal Movimento. Di Battista infatti, come anticipato dalle agenzie e confermato a ilfattoquotidiano.it, ha rinunciato all’iscrizione al M5s. E, non essendo più nel Movimento, non risulta più neppure tra gli iscritti che compaiono sulla pagina della piattaforma Rousseau. Una decisione attesa, soprattutto alla luce delle sue ultime dichiarazioni sulla linea politica, ma che è destinata ad aumentare i malumori interni. Di Battista è da sempre uno dei punti di riferimento per i 5 stelle e soprattutto è sempre stato considerato uno dei leader in pectore. L’ex deputato ha assicurato che non intende creare altri gruppi o fare scissioni, ma intanto il gruppo degli espulsi osserva attentamente le sue prossime mosse. Sia alla Camera che in Senato, nei prossimi giorni, potrebbero nascere nuove formazioni per radunare i dissidenti (“L’Alternativa c’è” e Italia dei valori) e avranno bisogno di un leader che li guidi. Sul fronte opposto, i vertici del Movimento evocano sempre più insistentemente un ritorno di Giuseppe Conte: lo ha detto oggi a il Fatto quotidiano Alfonso Bonafede, lo hanno confermato numerose fonti interne. In attesa che, probabilmente una volta che sarà chiusa la partita dei sottosegretari, venga eletto il comitato direttivo a 5, per l’ex premier potrebbe essere studiato un incarico ad hoc.
L’addio di Di Battista – La separazione di Di Battista non arriva di certo all’improvviso, ma è comunque un distacco molto doloroso per una parte del Movimento. Di Battista è stato tra i primi a prendere le distanze dalla decisione dei vertici M5s di appoggiare il governo Draghi. E, subito dopo il via libera degli iscritti, aveva registrato un video per annunciare che “si sarebbe fatto da parte” e che non avrebbe più “parlato a nome del Movimento”. “Rispetto gli iscritti”, disse. “Ma stavolta non posso digerire il Sì a Draghi”. Per molti dentro il M5s, il suo era uno strappo “recuperabile” e alcuni avevano ipotizzato che non volesse arrivare alla rottura definitiva. I suoi ex colleghi si erano augurati che si potesse trovare una mediazione e che la rottura si potesse in qualche modo ricucire, ma dalla formazione del governo in poi i rapporti si sono raffreddati sempre di più.
Sabato 20 febbraio, Di Battista, nel corso di una diretta sul suo profilo Instagram, è tornato a parlare delle ragioni che lo hanno spinto a lasciare i 5 stelle. “Un mese fa sono stato contattato dal Movimento, quando si è aperta la crisi di governo. Il piano era Sì a Conte e No a un esecutivo con Renzi. Non sono stato io a cambiare idea“, ha detto. L’ex deputato però ha anche smentito di essere pronto a organizzare altri progetti politici: “Non farò né scissioni né correnti“, ha detto, “un mese fa ho ristretto i rapporti con tutti e sono uscito senza sbattere la porta. Non è vero che ho pronto, come dice qualcuno, il simbolo dell’Italia dei valori”. Di Battista, pochi giorni prima, aveva anche criticato le espulsioni dei parlamentari che si sono espressi contro la fiducia a Draghi: “Penso che siano più scelte da burocrati che da politici, ma sono affari loro”, ha commentato.
I movimenti degli espulsi in Parlamento – Intanto gli espulsi di Camera (21 deputati) e Senato (15 senatori) iniziano ad organizzarsi. A Montecitorio si lavora per la creazione di una componente del gruppo Misto formata proprio da chi è stato cacciato dal Movimento. “Proveremo a farla nascere nei prossimi giorni, domani o dopodomani. Per partire dobbiamo essere almeno 10, domani ci riuniamo e vedremo”, ha detto all’agenzia Adnkronos il deputato Andrea Colletti. Il nome della componente, ha aggiunto, “dovrebbe essere ‘L’alternativa c’è‘”. Gli espulsi a Montecitorio sono stati ufficializzati questa mattina, in apertura dei lavori. Questo l’elenco dei 21 deputati: Massimo Baroni, Pino Cabras, Andrea Colletti, Manuela Corda, Jessica Costanzo, Francesco Forciniti, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Rosa Menga, Maria Laura Paxia, Raphael Raduzzi, Giovanni Russo, Francesco Sapia, Doriana Sarli, Michele Sodano, Arianna Spessotto, Guia Termini, Rosa Alba Testamento, Andrea Vallascas, Alessio Villarosa, Leda Volpi.
Al Senato, un gruppo di 5 dei 15 senatori cacciati ha fatto sapere che inizierà una raccolta di deleghe per avviare un ricorso collettivo in Tribunale e chiedere una sospensiva dei provvedimenti di espulsione dal Movimento. A quanto apprende l’Ansa a presentare l’istanza sarà l’avvocato genovese Daniele Granieri che sarà a Roma nelle prossime ore per raccogliere le deleghe e presentare la richiesta ex articolo 700 del codice civile. Al gruppo iniziale di senatori che hanno contattato l’avvocato genovese dovrebbero aggiungersi a breve altri parlamentari anche della Camera. Altri senatori dovrebbero invece fare un ricorso parallelo con un altro avvocato.
Si preannuncia un vero e proprio braccio di ferro politico, ma anche legale. Di sicuro i senatori Nicola Morra e Barbara Lezzi non ci pensano nemmeno a mollare la presa, confermando la volontà di presentare la propria candidatura per il nuovo Comitato direttivo. Una ipotesi che, come confermato dalle Faq pubblicate sul Blog delle stelle, è al momento impraticabile: chi ha procedimenti disciplinari in corso non potrà candidarsi al comitato. I senatori però intendono fare leva sui malumori interni e sulla presa di posizione della probivira Raffaella Andreola che, come già detto nei giorni scorsi, oggi ha ribadito: “Non firmerò l’atto di apertura del procedimento di espulsione”. Secondo le regole, infatti, le sanzioni vengono aperte e inviate ai soggetti destinatari, “che hanno 90 giorni per farci avere le loro deduzioni. Dopodiché il collegio emette il provvedimento disciplinare. In questo caso tutto questo non è avvenuto, è stato deliberato l’apertura dei procedimenti con il mio voto contrario”. Questo perché Andreola è risultata in minoranza: il collegio dei probiviri, composto da tre membri (oltre ad Andreola, Dadone e Berti) si è espresso a maggioranza per dare il via libera alle espulsioni.