Alberto Genovese ha chiesto la scarcerazione e gli arresti domiciliari in una struttura, dove potersi disintossicare. L’imprenditore in carcere a San Vittore dallo scorso 6 novembre per aver drogato e aver stuprato una 18enne a una festa il 10 ottobre scorso nel suo attico di lusso nel cuore di Milano. L’istanza della difesa è ora sul tavolo dei pm milanesi per il parere e poi la parola passa al gip. Genovese al momento è indagato anche per altri sei casi di violenza sessuale tra Milano e Ibiza. Genovese è anche indagato per trasferimento fraudolento di valori in un filone patrimoniale aperto per verificare le sue movimentazioni finanziarie anche per eventuali profili di frode fiscale e riciclaggio.
Nell’istanza la difesa, secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, fa presente che Genovese sarebbe depresso, avrebbe manifestato “problemi psicologici” e starebbe soffrendo in carcere per la sua dipendenza da cocaina, di cui ha parlato già nei verbali davanti ai magistrati. Negli interrogatori, ha fatto riferimento più volte a problemi dovuti alla dipendenza dalla droga e agli effetti che ha su di lui, come la perdita di “controllo” e la incapacità di distinguere il confine tra “legalità e illegalità”. Ha chiesto, dunque, di poter uscire da San Vittore per andare ai domiciliari alla clinica “Le Betulle” di Como, dove in passato si sono curati anche alcuni vip. Scontato il parere negativo dei pm all’istanza di domiciliari, anche perché, secondo gli inquirenti, Genovese viene seguito e curato in carcere.
Sulla richiesta dovrà decidere il gip di Milano Tommaso Perna. Si tratta della seconda mossa difensiva in pochi giorni di Genovese. I suoi legali, gli avvocati Luigi Isolabella e Davide Luigi Ferrari, hanno presentato nei giorni scorsi anche una richiesta al gip di disporre una perizia fonica sugli audio relativi alla telecamere interne dell’attico di lusso ‘Terrazza Sentimento’. Un perizia che dovrebbe verificare, secondo la difesa, se la 18enne il 10 ottobre abbia o meno dato il consenso a ciò che è avvenuto successivamente. Una perizia che può incidere, per la difesa, sull’accusa di violenza sessuale. Per gli inquirenti gli audio sono disturbati e, quindi, una perizia potrebbe lasciare spazio alle interpretazioni più disparate e non oggettive.
Gli atti dell’accusa si basano su oltre 20 ore di video registrati dalle telecamere di sicurezza del circuito interno della casa di Genovese. Secondo i pm, la 18enne, drogata e resa incosciente dall’imprenditore, è stata costretta a subire ripetuti abusi per ore e ore in una stanza a cui un bodyguard impediva l’accesso, anche all’amica che chiedeva di lei. Soltanto il giorno la ragazza sarebbe riuscita a riprendersi e a dare l’allarme con il cellulare che l’imprenditore le aveva riconsegnato. Dopo di che sarebbe scappata in strada, semi svestita e senza una scarpa, per chiedere aiuto. Era dolorante e con segni sul corpo: al centro per le violenze sessuali della Clinica Mangiagalli le hanno dato 25 giorni di prognosi.