Cultura

Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti a La valle al centro del mondo, L’arte di legare le persone, Il nodo magico

di Davide Turrini e Ilaria Mauri

L'ARTE DI LEGARE LE PERSONE - 2/3

“In Psichiatria d’urgenza, se vuoi capire il paziente, devi avere un corpo a corpo. Il paziente con cui ho avuto un corpo a corpo io, lo capisco io, non tu”. Se c’è una sorta di ciambella di salvataggio a cui aggrapparsi che passa a intermittenza tra le pagine de L’arte di legare le persone (Einaudi) è l’elastica, generosa fisicità dell’essere medico tra i ricoverati di un reparto psichiatrico ospedaliero. Dimenticate ogni ovvia rassicurante spiegazione psicoanalitica o voi che entrare nel “reparto 77”. Perché lo psichiatra Paolo Milone, genovese, quasi quarant’anni di lavoro nel settore, accost TSO e nerboruti infermieri, il susseguirsi copioso di visi, corpi, patologie e visite a casa dei pazienti ribelli, ritmando l’insieme con la furiosa grazia di un tono insolito tra realismo comico spudorato e creatività astratta della follia, adottando una forma letteraria irregolarmente vitale tra accenni di anafore, secchi aforismi, pulsanti racconti brevi di un paio di facciate. I capitoli cercano di ordinare l’esposizione che subito però si perde nell’affastellarsi fitto dei paragrafi, quindi nel continuo rimescolamento tematico tra suicidi, urla, botte, furti, cinghie di contenzione, depressi ed euforici, tossici e puttane, colleghi ingenui e colleghi assenti. Tutt’attorno, e poi di nuovo dentro al racconto, una Genova borgesiana, dedalo magistralmente surreale, che accoglie, spaventa, affascina. Milone “controlla a vista”, “a distanza ravvicinata la Bestia” senza domarla (“o squartarla come si dovrebbe (…) e lei non mi ha mai azzannato, strappato un arto o divorato”), senza mai cadere in un banale gioco di specchi, ma stazionando attorno ad una partita a scacchi bergmaniana. Fa male al petto quando una paziente si toglie la vita. Il rumore schioccante degli zoccoli giù veloci per un vicolo battono sui timpani. L’odore acre di un caffè che non si vorrebbe bere staziona nelle narici. Voto (“un tiro di dadi uscito bene”): 9

L'ARTE DI LEGARE LE PERSONE - 2/3
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