Oltre il 30% delle infezioni Covid in Italia è dovuto alla variante inglese. Il dato è stato fornito dagli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e del Cts alla riunione con il premier Mario Draghi, cominciata alle 19 e finita poco prima delle 21. Secondo gli scienziati, verso la metà di marzo la variante sarà predominante in tutto il Paese. Nel corso dell’incontro, inoltre, il governo ha chiesto valutazioni sulle misure da adottare e gli esperti avrebbero ribadito i rischi legati a possibili aperture.
“Punto della situazione su dati e numeri, ma non si è parlato del tema delle riaperture“, dice il coordinatore del Cts Agostino Miozzo lasciando Palazzo Chigi mentre la riunione sulla situazione pandemica di Draghi coi ministri era ancora in corso. “Non abbiamo parlato di riaperture, se ne parlerà in un’altra occasione. Venerdì ci sarà una nuova fotografia della situazione e poi vedremo. Abbiamo rappresentato al presidente Draghi i dati e i numeri – continua Miozzo- Dal punto di vista scientifico noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente”. Ma Draghi è aperturista o rigorista? “Ascolta e ci ha ascoltati con attenzione”. Alla riunione erano presenti anche il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Css, Franco Locatelli.
Il vertice, dopo una prima parte dedicata all’illustrazione dei dati scientifici da parte dei tecnici, è proseguito solo con i componenti del governo. Erano presenti i ministri capidelegazione: Maria Stella Gelmini di Forza Italia, Giancarlo Giorgetti della Lega, Stefano Patuanelli del M5S, Dario Franceschini del Pd, Elena Bonetti d’Italia viva, Roberto Speranza di Leu. L’obiettivo del vertice è quello di varare, già nei prossimi giorni, il nuovo provvedimento destinato a rinnovare le misure anticontagio del dpcm in scadenza il 5 marzo. Domani il ministro della salute Speranza svolgerà in Parlamento le sue comunicazioni, per una interlocuzione tra governo e Camere sul provvedimento. Secondo alcune fonti di governo sui futuri provvedimenti occorrerà coinvolgere il Parlamento. Le stesse fonti spiegano alle agenzie di stampa che stanno pensando a un superamento dei Dpcm, modalità adottata finora per l’introduzione delle misure restrittive. L’ipotesi per il futuro – in questi casi – potrebbe quindi essere l’approvazione di decreti legge, che vanno poi convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni.