All’ombra del teatro Argentina, attori, musicisti, ballerini e artisti di strada sono tornati a chiedere di poter tornare a lavoro. A un anno esatto dalla chiusura di teatri e cinema a causa dell’epidemia da Covid-19, gli operatori della cultura accendono i riflettori sulle condizioni del comparto: “Siamo sprovvisti di qualsiasi forma di tutela”. I ristori previsti per la categoria non hanno infatti raggiunto tutti i lavoratori. “C’è molto lavoro precario, molto lavoro nero, forme di lavoro ‘grigio’. Il Covid ha permesso di interrompere un sistema malato”, spiega Sara Aprile, attrice teatrale. A confermarlo è la testimonianza di Yari: “Prima lavoravo in strada, nei teatri anche al centro commerciale. Ora sono fermo da un anno e mangio una volta al giorno per risparmiare”.
Tra i tanti striscioni, il più grande era rivolto proprio al presidente del Consiglio, Mario Draghi: “Cultura Whatever it takes “. A ogni costo, ribadiscono gli artisti che da Largo Argentina hanno sfilato in corteo verso piazza Montecitorio. Gli operatori della cultura chiedono di poter sedere al tavolo interministeriale coi ministri della Cultura, del Lavoro e dello Sviluppo economico. “Ci sono due grandi temi che vorremmo affrontare, quello della riapertura e quello delle riforme”, commenta Giulia Avanni, rappresentante degli autorganizzati dello spettacolo Roma. “Riaprire come accaduto il 15 giugno è completamente inutile, perché solo il 20% di noi è tornato a lavorare”. Tuttavia, il nuovo governo sembrerebbe aver già deluso le aspettative: “Sarebbe stato un grandissimo segnale di rottura e anche di maggiore attenzione al comparto se si fosse cambiato il ministro della Cultura, Dario Franceschini”.