“Se c’è qualche voto contestato che riguarda me, tu magari lo fai passare. E poi, eventualmente, se viene qualcuno a votare, che non ci ha il documento… ma con la tessera in mano, metti per conoscenza personale, e fallo. Falle votare ugualmente che sono persone che molto probabilmente devono dare il voto per me. Sono persone molto anziane”. Sarebbe stata questa la frase che il consigliere comunale Nino Castorina avrebbe detto a Carmelo Giustra, coindagato con l’esponente del Partito democratico nell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria sui brogli elettorali alle ultime elezioni comunali del 20 e 21 settembre 2020. È quanto emerge dall’interrogatorio di garanzia dello stesso Giustra finito lo scorso dicembre agli arresti domiciliari. Rispondendo alle domande del gip Stefania Rachele, del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e de pm Paolo Petrolo, infatti, l’indagato ha ammesso che “c’era l’accordo con Castorina”.
Giustra ha raccontato, inoltre, come sono arrivati alla sua nomina a presidente di seggio. L’ha ritirata non al Comune ma alla segreteria del consigliere che è stato il candidato del centrosinistra più votato nella città dello Stretto: “Non ho firmato niente. Mi sono preso questa busta con la nomina là dentro, e via”. Prima di lasciare la segreteria di Castorina, quest’ultimo gli disse: “Vai là, ti incontri con Saraceno, andate aprite il seggio e poi, da lì in poi, fate tutto quello che bisogna fare”. Giuseppe Saraceno è lo zio acquisito di Castorina e per i magistrati non era un semplice scrutatore: “Avrebbe dovuto riconoscere le persone ed il Giustra decidere se farli o meno votare”. La regola era una: “Ogni persona che doveva venire, – ha affermato Giustra – doveva venire con una tessera. Sicuramente non sarebbe stata la tessera di quella persona. La domenica o il lunedì, quando sarebbero venute queste persone, le dovevo fare votare”. Il giorno delle elezioni, ad Archi nel seggio 172, dove Castorina aveva nominato Carmelo Giustra c’era già un presidente e l’indagato finisce al seggio 184.
Un ripiego che, quindi, ha comportato un cambio di strategia. Dopo l’insediamento di Giustra, infatti, secondo gli investigatori, “presso l’ufficio decentrato di Santa Caterina, venivano rilasciati ben 31 duplicati di tessere elettorali riferibili a soggetti ultraottantenni, tutti iscritti nelle liste della sezione elettorale n. 184”. Le nuove istruzioni arrivano la domenica delle elezioni quando, dalla finestra del seggio spunta un ragazzo sui 30-35 anni: “Una persona alta, e aveva un po’ di barba, e non mi ricordo se era stempiato. Questo lo avevo visto nella sede del gruppo Castorina. Non mi pareva una faccia tanto raccomandabile. È venuta questa persona qua fuori un pochettino minacciosa, essendo che siamo in una zona coma Archi, ho detto io: ‘Non vorrei poi che mi succede…’”.
In sostanza, dalla finestra qualcuno ha consegnato a Giustra una lista di nomi di anziani con i numeri dei duplicati delle tessere elettorali: “Mi ha detto: ‘Qua c’è una busta, ci sono dei nomi di persone e ci sono accanto segnate le tessere elettorali. Guarda tu non devi fare altro che annotarle tutte”. Mi dice: ‘Vedi che lo dobbiamo fare per forza. Sai, qua siamo in una zona di Archi, qua, là, dobbiamo farlo… non se ne accorge nessuno. Lo devi fare. In qualche modo, piano piano lo fai’. Gli ho detto ‘va bene’. Alla fine io devo mettere lo stesso ‘conoscenza personale’ di almeno una cinquantina di persone”. Gli anziani rimanevano a casa ma il presidente Giustra avrebbe dovuto inserire il loro voto nell’urna. A suo dire dell’elenco che gli era stato consegnato dalla finestra ha aggiunto solo 14 voti di persone che, in realtà non si sono mai recate al seggio: “Ogni volta che… riuscivo a scrivere un nome sul registro, automaticamente mettevamo dentro una tessera”. E col voto di chi? “Di Castorina. Tutte io le ho fatte. Non ho messo sempre solo Castorina. Alcune volte ho fatto Castorina e il sindaco Falcomatà, altre volte ho scritto Castorina a stampatello, altre volte Castorina per esteso, corsivo. Sempre Castorina. Qualche altro nominativo l’ho messo… sempre del partito Pd. Tanto per non fare vedere che era solo Castorina, li ho buttati lì. Non mi ricordo chi… ho preso dei nominativi, che c’erano due donne che si portavano nella lista di Castorina… per fare in modo che fossero tutti diversi”.
Dopo le elezioni, Giustra incontra il consigliere comunale del Pd: “Ci siamo visti, si. Gli ho detto: ‘Tutto a posto’. Mi ha ringraziato, certo che mi ha ringraziato. A me l’unica cosa che mi ha promesso, è stata quella che mi avrebbe fatto fare il presidente. Siccome a me mi servono i soldi…”. L’interrogatorio dell’indagato è finito agli atti del Riesame che, a gennaio, ha confermato gli arresti domiciliari per il consigliere comunale che da componente del direttivo nazionale del Partito democratico è stato indagato per plurime fattispecie di falso e reati elettorali. Le motivazioni della sentenza sono state depositate nei giorni scorsi. Una cinquantina di pagine dove è emerso pure l’esito della perquisizione a casa di Castorina dove la Digos ha trovato “una carpetta di colore bianco, recante la dicitura ‘Liceo Scientifico Volta’, contenente 22 fogli con indicazione di persone, seggi e sezioni; 8 fogli con nominativi e documenti; 27 fogli fronte-retro recanti la intestazione ‘Nati dal 1913 al 1930’”. All’interno della sua auto, inoltre, c’era una busta gialla con dentro una tessera elettorale, intestata a una signora di 89 anni, e una cartella rosa con la scritta “Disponibilità presidenti di seggio” e contenente appunti. Ma anche “17 fotocopie di documenti di identità e un curriculum vitae” di una ragazza.
Per i giudici del Riesame, “è evidente che la condotta del Castorina sia finalizzata alla alterazione del regolare esercizio del voto di soggetti anziani che, loro malgrado, sono risultati essere ‘deleganti’ di richieste di duplicati di tessere elettorali ‘smarrite’”. Motivando il “concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa”, i giudici sottilineano la “tentacolare capacità relazionale” di Castorina, difeso dagli avvocati Francesco Calabrese e Natale Polimeni.“Il dinamismo operativo mostrato dall’indagato – si legge nella sentenza – può certamente declinarsi nella evidente capacità dello stesso di interloquire con tutte le forze politiche e nella creazione di una fitta rete di relazioni, che gli hanno consentito di porsi come il terminale di un ben congegnato sistema. È proprio questo modus operandi che ha portato il Castorina a ritenere di possedere una ‘patente di immunità’, tale da consentirgli di nascondere sotto il velo della prassi il conseguimento di interessi ed utilità personali”.
“La capacità di muoversi con disinvoltura – conclude il Riesame – all’intero delle istituzioni pubbliche e degli uffici comunali e di relazionarsi con soggetti, utilizzati sovente come pedine da spostare all’occorrenza, allo scopo di dare materiale attuazione al meccanismo di alterazione della competizione elettorale e di soddisfare il suo tornaconto personale in termini di voto, è certamente sintomatica di un’assoluta spregiudicatezza e di una totale indifferenza per i procedimenti democratici di formazione della volontà popolare”.