Tra le tante notizie terribili degli ultimi giorni, bollettini dei contagi quotidiani, varianti inglesi e brasiliane, Salvini che diventa europeista e le lezioni sul rispetto per le donne da parte di Fratelli D’Italia, ci sono avvenimenti che hanno la capacità di svoltarti la giornata, momenti di non trascurabile felicità che si stagliano nel buio della nostra attualità, piccoli passi verso una civiltà più evoluta.
Quasi in contemporanea con l’arrivo di Perseverance su Marte, Mediaset decide di chiudere in anticipo Live Non è la D’Urso a causa dei bassi ascolti. Sono cambiamenti storici davvero importanti per l’umanità, così determinanti da farti pensare subito che se si procedesse con decisione, senza intoppi o titubanze, per la fine dell’anno potremo arrivare ad avere sereni pomeriggi senza ridicoli salotti pieni di morti di fama, sfilate di casi umani, tristi orde di corteggiatori senza frontiere e i finti siparietti agghiaccianti tra Tina Cipollari e Gemma Galgani.
E già te li immagini quei pomeriggi, quando viene a trovarti tua suocera e ti chiede “Metti Canale 5?” e tu non senti più l’irrefrenabile desiderio che salti la luce in tutto il quartiere o che si fonda il televisore all’istante. Al contrario sei serena, perché sai che nulla potrà mai essere peggio di quello che c’era prima, sai che toccato il fondo si può solo risalire. O almeno questo è quello che credevi, prima di scoprire che al posto della D’Urso e del suo carrozzone trash arriverà Paolo Bonolis con Avanti un altro, quiz stimolante e ricco di importanti cenni culturali di cui sentiamo tutti davvero il bisogno.
Un salto di qualità come pochi, insomma. Roba da far quasi rimpiangere la Mosetti che si scanna con Federico Fashion Style a colpi di extension. Poi, indagando meglio si scopre che la scelta di anticipare la chiusura della D’Urso by night è dettata anche da esigenze logistiche: ovvero, serve lo studio per Scherzi a Parte – altra perla della cultura televisiva italiana – e non ci sono soldi da investire per un programma al tracollo come quello di Barbarella. Insomma, la gioia è stata intensa ma breve, anche perché si vocifera che la D’Urso tornerà a settembre, il che suona più minaccioso dell’annuncio di una nuova pandemia.
E parlando di ritorni più o meno illustri, come una figura mitologica che riemerge dall’Ade, ricompare Silvio Berlusconi tirato a lucido, con lo stesso sorriso sornione del 1994, intervistato come nella migliore tradizione da Bruno Vespa. A voler essere poetici, diremmo che l’Italia è un Paese nostalgico, la triste realtà è che vive in un perenne stato di Alzheimer, che porta a dimenticare, anzi ad azzerare la memoria storica a breve e lungo termine.
Da qui i deliri sull’Italia del rinnovamento, dei “competenti” che hanno cacciato via gli “incompetenti”, della Gelmini e i suoi neutrini, di Brunetta e la sua crociata mai vinta contro i “fannulloni” della Pubblica Amministrazione, dell’ego di Renzi che arriva tre giorni prima di lui e che si ostina ancora a parlare in inglese. A ben vedere, siamo noi il Paese della Perseverance, degli errori reiterati, dei teatrini della D’Urso che lasciano con fiducia il posto al trash becero nel quale sguazza il talento sprecato di Bonolis, degli impresentabili della politica che si ripresentano ogni volta, sicuri di non essere riconosciuti, ricordati, disprezzati.
L’Italia è un teatro dell’assurdo in cui, se un programma inqualificabile come quello della D’Urso viene chiuso, il segretario del Pd Nicola Zingaretti in persona si sente in dovere di spendere parole accorate per mostrare vicinanza a colei che ha contribuito all’annientamento dei cervelli di gran parte del Paese: si legge sul suo twitter: “@carmelitadurso in un programma che tratta argomenti molto diversi tra loro hai portato la voce della politica vicino alle persone. Ce n’è bisogno!”. Di commentare invece non c’è proprio bisogno.
.@carmelitadurso in un programma che tratta argomenti molto diversi tra loro hai portato la voce della politica vicino alle persone. Ce n’è bisogno! #noneladurso
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) February 24, 2021
E se da una parte abbiamo il più importante esponente politico della sinistra, dall’altra abbiamo l’attivista Lgbt Imma Battaglia che ci tiene a difendere Barbarella scomodando anche la questione “sessismo”, parlando della D’Urso come di una vittima illustre di discriminazione di genere. E’ evidente che la signora Battaglia si scorda (sempre per la malattia di cui sopra), oppure fa finta di scordarsi, che immagine stereotipata e avvilente della donna venga fuori dai salottini della D’Urso o come vengano strumentalizzate e ridicolizzate le diversità al solo scopo di fare show.
Magari tra un’ospitata e uno speciale sul suo matrimonio con Eva Grimaldi proprio nella trasmissione di Barbarella, la Battaglia si deve essere distratta un attimo, forse per l’emozione, chissà.
La verità è che questo è il Paese che difende a spada tratta la mediocrità, perché di mediocrità è fatto. La sintesi di questo momento storico è espressa molto bene dalle parole di Corrado Augias: “Quello che purtroppo manca in Italia è la sensazione della tragedia che stiamo vivendo”.