George Zaki, il papà di Patrick Zaki, lo studente del corso Erasmus all’università di Bologna, è stato ricoverato in un ospedale del Cairo a seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Dall’entourage della famiglia Zaki si parla addirittura di una questione di vita o di morte. L’aggravamento del suo quadro clinico sarebbe avvenuto tra sabato e domenica scorsi, ma se ne è avuta notizia soltanto oggi pomeriggio. Da alcuni giorni dunque George Zaki si trova in ospedale assistito dalla moglie e dalla figlia minore, Marise: “Spero che possa guarire presto. Un ulteriore motivo di ansia in mezzo a tutto quello che stiamo passando da un anno a questa parte. Non chiediamo altro che Patrick possa essere qui con noi, per assistere il padre in ospedale, almeno per una visita. Chiedo a tutti di pregare per lui”, ha detto Marise Zaki.
La situazione sanitaria di George Zaki è andata deteriorandosi nel corso dell’ultimo anno a causa delle detenzione del figlio, arrestato all’aeroporto del Cairo all’alba del 7 febbraio 2020 di rientro in Egitto da Bologna per una breve visita alla sua famiglia tra un semestre di studi e l’altro. Nei mesi scorsi George Zaki ha visto il riacutizzarsi di alcuni problemi legati ad un’infezione alle gambe, ma a peggiorare la situazione è stata soprattutto la vicenda giudiziaria del figlio. L’uomo non ha saputo darsi pace per l’arresto di Patrick e dal letto di ospedale ha rilasciato un’affermazione riportata dalla sorella e dal clan che segue l’aspetto legale e la campagna volta ad ottenerne la scarcerazione: “Se Patrick fosse qui la mia salute migliorerebbe, ne sono certo”, ha detto George Zaki dalla lettiga in cui era stato messo l’altra sera in pronto soccorso.
Da quanto abbiamo ricostruito, il padre di Zaki ha iniziato ad avere sintomi sempre più consistenti e a palesare una salute preoccupante proprio dall’inizio di febbraio scorso, a cavallo del primo anniversario dall’arresto di suo figlio. Lo studente 29enne, scavallata la soglia dei primi dodici mesi di reclusione in attesa di giudizio, prosegue la sua detenzione all’interno della sezione Scorpio II del carcere di Tora. Lo stesso dove, pochi giorni fa, un medico e professore universitario di 70 anni, Ezzat Mohamed Kamel, è morto a seguito del contagio da Coronavirus, come riportato dal Fatto. Nello stesso servizio avevamo fatto riferimento ad Ahmed Douma, l’attivista più volte arrestato e in cella con una condanna all’ergastolo poi ridotta a 15 anni. Anche lui, come testimoniato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani egiziane, ha avuto diversi problemi di salute riconducibili al sospetto di un contagio da Covid-19. Le autorità carcerarie hanno smentito questa notizia, ma la situazione resta molto tesa e confusa. È importante rilevare, in questo senso, che Ahmed Douma sta trascorrendo il suo lungo periodo di detenzione non soltanto nella stessa sezione del famigerato carcere, ma anche nella stessa cella di Patrick Zaki. Al momento non si conoscono le reali condizioni di salute di Douma, l’anima della rivolta di piazza Tahrir nel 2011, e tanto meno eventuali coinvolgimenti di altri detenuti tra cui il ‘nostro’ Patrick.
In mezzo a tante cattive notizie dal fronte dei diritti umani calpestati in Egitto arriva anche una ventata di ottimismo. Il professore di scienze politiche dell’Università del Cairo Hazem Hosni, portavoce del generale Sami Anan durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2018 (tutti i candidati principali si ritirarono poi alla vigilia della presentazione delle liste rendendo quel voto un’autentica farsa), è stato scarcerato. Gravato anche lui da problemi di salute è stato posto agli arresti domiciliari, pur sempre in attesa di giudizio. Il suo arresto risaliva ad un anno e mezzo fa.