Il direttore Maurizio Vallone: "Utilizzare l’articolo 34 bis del Codice Antimafia. Quando ci sono elementi da approfondire, anziché interdire la ditta si può stabilire un controllo giudiziario per sei mesi nei quali l’impresa deve rendere conto al delegato del tribunale. In via amministrativa, per similitudine, il prefetto potrebbe rilasciare la certificazione antimafia operando, però, un controllo su tutto l’appalto, conto corrente unico, elenco fornitori e subappaltatori"
Un controllo amministrativo preventivo da parte dei prefetti sull’intero appalto, dal conto corrente unico all’elenco fornitori e subappaltatori, anziché sulle imprese che partecipano ai bandi. È la proposta del numero uno della Direzione investigativa antimafia Maurizio Vallone in vista dell’arrivo dei fondi del Recovery, per evitare che gli infiniti ricorsi blocchino le gare e allo stesso tempo garantire allo Stato uno strumento concreto per monitorare possibili infiltrazioni mafiose. Vallone, una lunga esperienza nella lotta alle mafie – da quella al clan dei casalesi fino a quella alle ‘ndrine da questore di Reggio Calabria – ha ricordato che “uno dei grandi problemi delle interdittive antimafia sta nel fatto che se l’impresa viene esclusa dall’appalto, o si aspettano le decisioni dei tribunali amministrativi, ritardando di anni la realizzazione delle opere, una scelta grave e che lo sarebbe ancora di più in una situazione di pandemia, oppure si assegna la gara alla seconda classificata, aprendo però la strada a contenziosi milionari se la ditta esclusa dovesse vincere”.
Come se ne esce? La soluzione proposta dalla Dia è quella di utilizzare l’articolo 34 bis del Codice Antimafia, con la differenza che il controllo spetterebbe ai prefetti e non sarebbe sull’impresa quanto sull’appalto. “Sulla base del 34 bis, quando un tribunale ritiene che ci siano elementi da approfondire – spiega Vallone – anziché interdire la ditta, si stabilisce un controllo giudiziario per sei mesi nei quali l’impresa continua ad esercitare nel pieno delle sue funzioni, ma deve rendere conto al delegato del tribunale di ogni sua operazione. Invece, in via amministrativa, per similitudine, il prefetto potrebbe rilasciare la certificazione antimafia operando, però, un controllo su tutto l’appalto, conto corrente unico, elenco fornitori e subappaltatori. Il controllo termina alla conclusione dell’appalto”. Così, secondo Vallone, “lo Stato ha la sicurezza del controllo dell’appalto, un controllo leggero e non invasivo. Ma se dobbiamo velocizzare le procedure non possiamo tenere bloccati gli appalti, servono strumenti veloci e speditivi ma che garantiscono l’impermeabilità dell’appalto a fronte degli appetiti criminali“.
Nella relazione della Dia, presentata oggi, si ricorda qual è la base legislativa: “Parallelamente agli interventi di natura giudiziaria, il legislatore ha conferito in capo all’Autorità prefettizia poteri di prevenzione anticipata sulle imprese che hanno già instaurato rapporti con la pubblica amministrazione, al di là di quelli attinenti al rilascio della documentazione antimafia e alla tenuta delle white list. Un’architettura di prevenzione avanzata unica nel panorama internazionale affinata nel tempo grazie alla duplice consapevolezza di dover contrastare il fenomeno mafioso in tutte le sue espressioni salvaguardando l’efficacia dell’intervento in economia dello Stato e degli enti pubblici. In sostanza, si tratta delle Misure di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione ex art 32, comma 10, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, che il Prefetto può adottare d’iniziativa a carico di un’impresa interdetta. Nella circostanza, l’Autorità provinciale di pubblica sicurezza … può ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l’impresa non si adegui provvedere alla straordinaria e temporanea gestione della stessa limitatamente alla completa esecuzione del contratto d’appalto…”. Tuttavia, “al riguardo sarebbe auspicabile contemplare in seno al Codice Antimafia la possibilità che a carico dell’impresa possa essersi verificata solo una mera agevolazione mafiosa occasionale, in assenza di elementi di fatto dai quali si possa desumere il concreto pericolo del condizionamento mafioso delle attività. Nella circostanza si potrebbe valutare la possibilità di attribuire al Prefetto il potere di imporre prescrizioni al soggetto economico interessato per eliminare l’eventuale rischio di inquinamento. La verifica sull’osservanza delle prescrizioni potrebbe essere affidata al personale dell’Ufficio Territoriale di Governo, eventualmente coadiuvato da quello posto a disposizione dalla Questura del luogo e dalle articolazioni provinciali della DIA e delle altre Forze di polizia”.