Condanne più che dimezzate, lo spettro del carcere scacciato per sempre. In cambio, 21 milioni di euro che transitano definitivamente nelle casse dello Stato. Si chiude così – a meno di sorprese – l’eterna vicenda giudiziaria dello scandalo Carige, che nel maggio 2014 terremotò i vertici della banca ligure con l’arresto dell’ex presidente del consiglio d’amministrazione Giovanni Berneschi e del capo del settore assicurativo Ferdinando Menconi, accusati di riciclaggio, falso e associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Le difese degli imputati – oltre ai due banchieri, il commercialista Andrea Vallebuona, l’immobiliarista Ernesto Cavallini e l’imprenditore Sandro Calloni – hanno stretto con la procura di Milano un accordo che prevede per tutti condanne inferiori ai quattro anni di reclusione, la soglia al di sotto della quale la pena detentiva è sospesa. Un epilogo che sarebbe apparso inimmaginabile tre anni fa, quando la Corte d’Appello di Genova infliggeva 8 anni e 7 mesi a Berneschi, 9 anni e 7 mesi a Calloni, 8 e mezzo a Manconi e Cavallini e 6 anni e un mese a Vallebuona. Nel mezzo, però, una clamorosa pronuncia della Cassazione di ottobre 2019 ha azzerato il processo, spostando il fascicolo a Milano per competenza territoriale e spingendo i pubblici ministeri a concedere il patteggiamento. Che il 1° marzo, con ogni probabilità, sarà convalidato dal gup e diverrà definitivo.

L’indagine nasce nel luglio 2013, quando la Banca d’Italia ispeziona i conti di Carige scoprendo il sistema di prestiti “facili” a clienti vip e il buco da 7 miliardi di euro in crediti deteriorati che, in autunno, costringeranno Berneschi alle dimissioni . Scavando a fondo, però, la procura di Genova ricostruisce un sistema più complesso: secondo l’accusa, Berneschi e Menconi avevano fatto acquistare dal ramo assicurativo della banca (Carige Vita Nuova, diretto dal secondo) immobili e quote societarie a prezzi gonfiati dall’imprenditore milanese Cavallini. Poi, con la regia del professionista genovese Vallebona e di vari prestanome (tra cui la nuora di Berneschi, Francesca Amisano, e il faccendiere Calloni) reinvestivano le plusvalenze in Svizzera attraverso società schermo, per un totale di oltre 21 milioni nascosti oltreconfine dal 2006 al 2009. Un “gruppo criminale organizzato transnazionale”, scriveva la Guardia di Finanza, che aveva per obiettivo “l’appropriazione indebita di cospicui fondi aziendali attraverso acquisizioni, in forma diretta o indiretta, di immobili e partecipazioni azionarie sopravvalutati, aventi l’esclusivo fine di giustificare l’esborso di somme di denaro assolutamente sproporzionate”.

Al centro dell’inchiesta in particolare due operazioni: la prima è l’acquisizione, nel 2006, da parte di Vita Nuova della I.H. Roma srl, società di Cavallini proprietaria di due hotel a Milano e Roma, dietro un corrispettivo di 75 milioni, gonfiato – secondo l’accusa – del 50% rispetto al reale valore. L’altra ruota intorno all’agenzia assicurativa genovese Assi 90 srl, di cui nel settembre 2009 Berneschi compra il 35% delle quote dalla Balitas di Vallebuona pagandole 45 volte il loro prezzo di mercato, 5,6 milioni a fronte di un valore reale di 122.500 euro. La differenza, scriveva l’allora procuratore di Genova Michele Di Lecce, finiva nelle tasche dei “reali beneficiari Berneschi e Menconi, soci occulti della Balitas”.

Nonostante le eccezioni presentate dalle difese per spostare il processo a Milano (dove si sarebbe consumato il reato più grave, quello di riciclaggio) l’impostazione regge fino in Appello: il 6 luglio 2018 Berneschi è condannato a 8 anni e 7 mesi, ben più della stessa richiesta del procuratore generale (6 anni e 2 mesi). Ma poco più di un anno dopo, il 16 ottobre 2019, ecco la doccia fredda: la Cassazione accoglie l’eccezione territoriale e annulla l’intero processo, spedendo tutto nel capoluogo lombardo e ordinando di ripartire da una nuova udienza preliminare, che si è aperta il 16 settembre del 2020. Così, di fronte alla prospettiva di altri tre gradi di giudizio con la prescrizione incombente (il riciclaggio si estingue nel 2023), il pm milanese Alberto Nobili si è convinto a salvare il salvabile. I dettagli tecnici sono ancora da limare, ma è certo che tutti gli imputati se la caveranno con pene sotto i quattro anni, e Vallebuona – che in Appello aveva avuto 6 anni e un mese – appena 1 anno e 10 mesi. Berneschi, ormai 84enne, esorcizza così lo spauracchio dei domiciliari, mentre l’accusa guadagna la trasformazione in confisca dei 21 milioni di beni sequestrati per equivalente agli imputati, la maggior parte all’ex patron di Carige.

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