Esce oggi il nuovo libro del collettivo Controparola (il Mulino), fondato nel 1992 per iniziativa di Dacia Maraini. Giornaliste e scrittrici hanno curato una serie di ritratti di donne del presente: protagoniste che con il loro impegno nei diversi campi contribuiscono a rendere migliore la società di domani
Sono circa una ventina e coprono i lati più diversi della società. Scienza, sport, cultura, arte. I profili femminili delineati nel nuovo libro del collettivo Controparola, edito da Il Mulino e in uscita dal 25 febbraio, questa volta raccontano l’attualità. E si spingono oltre. Lo dice il titolo: “Donne al Futuro”.
Cristiana di San Marzano racconta la vicenda di Francesca Bria, la “Robin Hood dei dati”: la Comunità Europea la nomina coordinatrice di D-CENT, un progetto che punta ad ampliare la partecipazione dei cittadini nelle decisioni politiche. Dal gennaio 2020 è presidente del Fondo nazionale innovazione (FNI). Si impegna a promuovere un “umanesimo tecnologico”.
E poi c’è Ilaria Capua, ritratta dalla giornalista Dina Lauricella. Che di lei dice: “Per Ilaria Capua il caos della realtà è come un quadro impressionista, piccole e veloci pennellate sovrapposte, incroci di sfumature e colori apparentemente privi di forme e di contorni. L’unico modo per apprezzarne lo spettacolo, nella magnificenza di un quadro di Monet o di Cézanne, così come nelle impreviste angosce disegnate della vita, è fare qualche passo indietro, mettere una distanza e solo dopo osservare, riflettere e provare a capire”. Virologa, Capua è capodipartimento dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida. Da lì, ogni giorno informa i cittadini italiani sulla diffusione del Covid-19.
Dina Lauricella firma anche le storie di Giuseppina e Maria. Come altre donne hanno spezzato il vetro della ‘Ndrangheta dall’interno. Ne racconta la prigionia e le minacce, poi la fuga. Che è al tempo stesso ribellione e libertà. Compiuta scappando in macchina oppure iscrivendosi a Facebook con account falsi, per trovare una rete di salvezza lì, dove tutto è virtuale. Colpiscono l’organizzazione puntando alle fondamenta: la devozione familiare. E ci riescono.
Coraggio e famiglia si ritrovano anche nel ritratto di Cristiana Palazzoni, che racconta Ilaria Cucchi, e in quello firmato da Dacia Maraini, che delinea Rita Giaretta, o suor Rita. A Caserta ha salvato Casa Rut. Dal 1995 ospita le donne vittima di tratta rimaste incinte e disposte a portare avanti la gravidanza. Maraini descrive anche il teatro di Emma Dante. A Siracusa ha cambiato tradizioni secolari: il suo Eracle è stato interpretato da una donna. Le regole, seppur in altri contesti, le ha modificate anche Sara Gama, come scrive Cristiana di San Marzano. Capitana della nazionale di calcio femminile, a fine novembre 2020 viene eletta vicepresidente dell’Assocalciatori. La prima donna a varcare i piani alti di un sindacato dominato da uomini.
Anche nella musica qualcosa si muove: Linda Laura Sabbadini racconta la carriera di Silvia Colasanti, compositrice e direttrice d’orchestra. Una professione, anche questa, a netta prevalenza maschile.
C’è poi la scuola, tema mai attuale come quest’anno. Lia Levi racconta Barbara Riccardi, unica italiana tra i 50 finalisti al Global Teacher Prize di Dubai, nel 2016. La sua formula è “scuola come gioco”. C’è la ricerca: Valeria Papitto riporta le voci delle ricercatrici del Centro medicina di genere dell’Università di Ferrara. Puntano a una medicina targata sul paziente e si impegnano per porre l’accento anche sulla condizione femminile. Non sono l’unico gruppo citato. Con loro anche Nosotras (ne scrive Francesca Sancin), organizzazione umanitaria che unisce Somalia e Italia. In Africa, ma anche in Asia e in Brasile, ha lavorato Eliana La Ferrara, ex Bocconiana docente di Economia dello Sviluppo e direttrice del Laboratory for Effective Anti-poverty (LEAP). Ne parla Eliana di Caro.
Infine, non può mancare Bebe Vio, simbolo di resistenza e campionessa di fioretto raccontata da Maria Serena Palieri. A chiudere il libro è però il ricordo. Francesca Sancin ritrae Agitu Ideo Gudeta, uccisa il 29 dicembre 2020. Attivista in Etiopia, in Italia lavorava sulle montagne trentine e nel suo allevamento aveva recuperato la capra Mochena a rischio di estinzione. Come si legge nella prefazione del testo, firmata da Palieri, “era proprio una donna che, fatto tesoro del passato, fabbricava il futuro. Per questo abbiamo deciso di ricordarla in chiusura di queste pagine: su di lei scrive chi l’ha conosciuta”.