I renziani rimasti dentro al Pd? “Diciamolo con chiarezza: puntano a un logoramento del gruppo dirigente”. Nel giorno in cui Nicola Zingaretti convoca l’Assemblea nazionale del Pd e predica unità, tra i dem il clima non accenna a raffreddarsi. Anzi si surriscalda ancora di più. Il motivo? Un’intervista del vicesegretario Andrea Orlando, da poche settimane ministro del Lavoro del governo di Mario Draghi al Quotidiano Nazionale. Quella di Renzi nel Pd, dice l’ex guardasigilli, “è stata una stagione e una linea politica importante, ma che sarebbe sbagliato identificare con una persona. C’è invece la rimozione delle ragioni della sua fine: l’isolamento politico e sociale“.
Orlando, che oltre ad essere stato ministro di Renzi ne fu anche sfidante sconfitto alle primarie, dice che “in questa fase è più che mai necessaria l’unità, che non può essere sacrificata sull’altare della reticenza. Del resto Zingaretti ha lavorato e sta lavorando duramente in nome dell’unità sebbene la sua generosità non sia sempre ripagata”. Il riferimento è gli attacchi al segretario arrivati da più parti negli ultimi giorni: Dario Nardella, Giorgio Gori e Antonio Decaro hanno più volte criticato il segretario soprattutto sul fronte dell’alleanza con i 5 stelle. Per il neo ministri sono “rigurgiti di posizioni che guardano a un Pd del passato, improntato verso un centrismo non più al passo coi tempi”. “La cosa strana – dice Orlando – è che chi critica non si è mai esposto nelle sedi ufficiali. Non solo: non vuole neppure il congresso”. Quindi ecco la frase che ha scaldato gli animi: “Diciamolo con chiarezza: puntano a un logoramento del gruppo dirigente. Scatenare la crisi è stato sbagliato, ma Renzi lo ha fatto per un obiettivo: spaccare il fronte Pd-5 Stelle. Lo stesso obiettivo che oggi hanno alcuni esponenti democratici”.
A stretto giro ecco che arriva la replica di Andrea Marcucci, renziano di ferro finché Renzi era nel Pd, rimasto pure dopo capogruppo del partito al Senato. “Non credo alle congiure, mi dispiace – dice – Un grande partito, nei momenti cruciali della storia nazionale, discute liberamente. Siamo gli unici che lo fanno, e non dobbiamo vergognarci o dare letture ‘complottistè della realtà. L’unica alternativa percorribile sarebbe quella di adeguarci agli altri ed abolire i congress. Naturalmente per la storia che abbiamo e per il nome che portiamo, sarebbe un’alternativa non percorribile”. Per Marcucci “il ministro del Lavoro insegua delle ombre per precostituirsi degli avversari interni, vorrei tranquillizzarlo, il nostro obiettivo in fondo è lo stesso da anni, un Pd ampio e riformista”. Rispondono a Orlando pure gli esponenti di Base riformista, la corrente dei renziani rimasti orfani dell’ex premier come Lorenzo Guerini e Luca Lotti. “Che chi ha contribuito a fondare il Pd venga rinchiuso nella definizione di una ridotta renziana non è accettabile – dicono Una discussione di livello congressuale, per un partito aperto, inclusivo, sulle prospettiva di una grande forza riformista, andrà fatta sicuramente. Base riformista, nelle prossime ore, promuoverà un confronto interno”.