Nell’aula bunker di Lamezia Terme, al termine della requisitoria le richieste di pena le ha formulate personalmente il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, per i 90 imputati del processo “Rinascita Scott” che hanno scelto il rito abbreviato. Dopo la ricostruzione dell’inchiesta fatta dai sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, il capo della Dda ha chiesto 84 condanne e 6 assoluzioni nel processo alle cosche di Vibo Valentia e ai colletti bianchi. I principali imputati dell’inchiesta hanno scelto il rito ordinario. Tuttavia, anche in questo troncone ci sono diversi boss del vibonese e uomini di fiducia del mammasantissima Luigi Mancuso detto “lo zio”.
Come il suo braccio destro, Pasquale Gallone, per il quale la Direzione distrettuale antimafia ha chiesto 20 di carcere. Stessa pena per il vibonese Domenico Camillò, il boss di San Gregorio d’Ippona Gregorio Gasparro, Sergio Gentile, Domenico Macrì detto “Mommo”, Gregorio Niglia detto “Lollo”Domenico Pardea e Francesco Antonio Pardea. Le accuse per tutti vanno dall’associazione mafiosa alle estorsioni passando per l’intestazione fittizia, l’usura, il riciclaggio e numerosi altri reati aggravati dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta. Il procuratore Gratteri ha chiesto la condanna, inoltre, per Gregorio Giofré (18 anni), per l’ex latitante Domenico Cracolici (18 anni) e per il boss di Reggio Calabria Orazio De Stefano (8 anni).
Quest’ultimo, fratello del boss defunto “don Paolino” De Stefano, stando all’impianto accusatorio, si sarebbe rivolto a un suo uomo per far riscuotere un debito che interessa alla cosca Mancuso. La mano pesante della Dda si è sentita anche dalle parti dei presunti colletti bianchi. La Procura, infatti, ha chiesto 10 anni e 10 mesi di carcere per l’imprenditore e avvocato Vincenzo Alberto Maria Renda, e 3 anni per il notaio Sapienza Comerci.Sei gli imputati che, secondo, i pm dovrebbero essere assolti da ogni accusa: Francesca Comito, Matteo Famà, Girolamo Giardino, Michele Giardino, Fabio Scalamandré e Raffaele Solano.
Il processo è nato dall’inchiesta che nel dicembre 2019 ha portato all’arresto di oltre 300 persone: ‘ndrangheta, politica e pezzi infedeli dello Stato. Con l’operazione “Rinascita-Scott” la Dda di Catanzaro ha smantellato la cosca Mancuso che, in provincia di Vibo Valentia, controlla anche il respiro delle persone. Sono emerse le cointeressenze dei boss con personaggi del mondo politico. Tra gli imputati che hanno scelto il rito ordinario e che sono stati rinviati a giudizio, infatti, ci sono l’ex sindaco di Pizzo Calabro Gianluca Callipo, l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino e, soprattutto, l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, considerato “l’affarista massone dei boss della ‘ndrangheta calabrese” che con lui è riuscita a relazionarsi “con i circuiti bancari, con le società straniere, con le università e con le istituzioni tutte”. Per i pm, Pittelli era il “passepartout” del boss Luigi Mancuso, “la cerniera tra i due mondi” in una “sorta di circolare rapporto ‘a tre’ tra il politico, il professionista e il faccendiere”. Un profilo che si chiarirà nel processo con il rito ordinario.