Farmindustria, che da giorni per bocca del presidente Scaccabarozzi si dice disponibile sottolineando i problemi di tempo e di soldi, si dice "pronta a questo progetto di grande collaborazione, per far sì che si sfruttino tutte le possibilità". Il governo sta verificando la possibilità di usare bioreattori esistenti o di produrli ex novo
E se l’Italia producesse i vaccini anti Covid? Ilfattoquotidiano.it se l’era chiesto un mese fa. Oggi, dopo un incontro al ministero dello Sviluppo economico, sembra essere stata messa la prima pietra. La notizia arriva alla fine di una nota che dà conto del vertice tra il ministro Giancarlo Giorgetti, il presidente dell’Aifa Giorgio Palù, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi e il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ovvero che “si è convenuto di avviare la costruzione di un polo nazionale pubblico privato per realizzare nel medio lungo periodo un contributo italiano in questo ambito”. La dichiarazione del ministro è chiara: “Il governo italiano ha ribadito la massima disponibilità sia in termini di strumenti normativi che di mezzi finanziari all’industria farmaceutica italiana per predisporre ogni tipo di strumento al fine di produrre un vaccino contro il Covid. Non è una cosa semplice questo processo di riconversione. Abbiamo chiesto a tutti il massimo impegno, la massima disponibilità e determinazione per cercare di risolvere il problema”. Insomma i soldi e le autorizzazioni.
Il punto della questione è uno: i bioreattori con cui si può produrre il vaccino e comunque tutta la tecnologia necessaria per produrre un “composto vivo” non sintetico. Dall’incontro è emerso che esistono luoghi in Italia dove immaginare la riconversione degli impianti per la produzione di vaccini. Il governo sta verificando la possibilità di usare bioreattori esistenti o di produrli ex novo e c’è la volontà di stanziare risorse e organizzare siti. Tra questi ultimi, quelli citati sono in Veneto, Lazio e Puglia. I tempi vanno dai 4 ai 12 mesi e, per il know how, 6 mesi.
Farmindustria, che da giorni per bocca del presidente Scaccabarozzi si dice disponibile sottolineando i problemi di tempo e di mezzo e quindi di soldi, si dice “pronta a questo progetto di grande collaborazione, per far sì che si sfruttino tutte le possibilità per dare anche noi il nostro contributo alla produzione di vaccini anti-Covid, perché è un bene che tutti stanno aspettando. Oggi si sono gettate le basi di una proficua collaborazione pubblico-privato per andare in questa direzione e per far sì che in Italia nessuno si tiri indietro ma tutti facciano lo sforzo massimo per il raggiungimento dell’obiettivo”. A questo primo “costruttivo incontro” ne seguirà un altro il 3 marzo. “Sarà necessario appurare l’individuazione di tutte le componenti produttive compatibili con la realizzazione di vaccini e verificare un orizzonte temporale congruo con le esigenze del Paese per superare la fase pandemica”. Insomma si potrebbe creare quella alleanza, a guida dello Stato, che il presidente dell’Aifa aveva auspicato in una intervista al Fattoquotidiano.it.