Scuola

Varianti Covid, le Regioni chiedono parere del Cts su apertura scuole. I ministri: “Chiudere e voler riaprire altre attività? Contraddittorio”

La richiesta ai ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini alla luce dell’incidenza della variante inglese. Un punto sul quale la ministra degli Affari Regionali ha preso l'impegno ad approfondire il tema. Allo stesso tempo, però, insieme a Speranza, ha sottolineato quanto sia "difficile parlare di chiusure da una parte e di riaperture di attività commerciali dall’altra". Zaia: "Non vorrei che la situazione scappasse di mano"

L’avanzata delle varianti e il loro impatto sul contagio nelle scuole finisce al centro del tavolo tra governo ed Enti locali sul nuovo Dpcm. Dalla maggior delle Regioni è arrivata la richiesta ai ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini di un parere del Comitato tecnico-scientifico sull’apertura delle classi alla luce dell’incidenza della variante inglese. Un punto sul quale la ministra degli Affari Regionali ha preso l’impegno a nome del governo ad approfondire il tema.

Allo stesso tempo, però, insieme a Speranza, ha sottolineato quanto sia “difficile parlare di chiusure delle scuole da una parte e di riaperture di attività commerciali dall’altra”. In particolare la ministra delle Autonomie avrebbe fatto notare “una contraddizione” nelle due richieste dei governatori. Speranza ha invece sottolineato che sulle chiusure “si valuterà giorno per giorno la situazione epidemiologica”. A porre il tema per primi sono stati il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il rappresentante della Campania – non è presente il presidente Vincenzo De Luca – che hanno sottolineato che se chiudono le scuole, come prudenza richiede a loro avviso fino al termine della campagna vaccinale sugli insegnanti, le ordinanze vengono impugnate e poi sospese dal Tar, come avvenuto con la didattica a distanza in Puglia negli scorsi giorni.

Ma il ragionamento è stato supportato anche dal Friuli-Venezia Giulia e dal Veneto. “Ho chiesto ufficialmente che il Comitato tecnico scientifico si esprima subito formalmente e pubblicamente“, ha rivelato Luca Zaia. “Quando noi non abbiamo aperto il 7 gennaio, siamo stati definiti quelli con l’anello al naso. Ma non ce l’ho con la scuola, che resta una realtà sacra. Ma non vorrei che la situazione ci scappasse di mano dal punto di vista sanitario, per non trovarci di nuovo a piangere tra un mese”, ha aggiunto chiedendo di chiarire perché “alcune forme di aggregazione sono state ritenute pericolose e altre, come la scuola, no”.

In Italia, come raccontato da Ilfattoquotidiano.it, si stanno moltiplicando le chiusure. I dati, infatti, sono in rapida impennata. Un esempio è Milano. Nella settimana dal 15 al 21 febbraio sono stati 547 ( 409 alunni e 138 operatori scolastici) i casi di tamponi positivi a Sars-CoV-2 segnalati dalle scuole all’Ats Città metropolitana, per un totale di 312 classi isolate. Un dato che allarma se si guarda indietro: a fine dicembre-primi di gennaio, quando le scuole superiori non avevano ancora riaperto, i contagi segnalati erano 132. La ripresa è stata confermata anche dal dg dell’Ats Milano, Walter Bergamaschi: “Abbiamo il 33% di casi in aumento in una settimana”, ha spiegato a SkyTg24. “Il 13% dei casi di contagio – aggiunge – viene dal mondo scolastico e nella scuola osserviamo un trend di crescita che ha anticipato quello della popolazione generale, esattamente come avvenuto nella seconda ondata”.