La paziente, 63anni, aveva individuato un neo sul braccio e come sempre occorrerebbe fare in questi casi, aveva prenotato subito una visita da un dermatologo del centro medico privato Cdc di Torino. Si è recata due volte dallo stesso dermatologo senza però avere la diagnosi corretta che è arrivata da un altro specialista quando ormai era troppo tardi
Le era stato detto che si trattava di una verruca sul braccio e che sarebbe bastata un po’ di semplice crema solare. Questo nel corso di due visite dermatologiche: la prima il 30 maggio 2012. La paziente, 63anni, aveva individuato un neo sul braccio e come sempre occorrerebbe fare in questi casi, aveva prenotato subito una visita da un dermatologo del centro medico privato Cdc di Torino. La diagnosi, oggi leggibile nelle carte processuali, era: “Neo pigmentato braccio destro misura 4 millimetri, bordi regolari, colore omogeneo”. Come riporta Fanpage, dopo questo primo controllo, con prescrizione di crema con protezione solare, ce n’è stato un secondo, nel 2014. Il motivo? Il neo si era ingrossato e le prudeva. Segnali certamente da non sottovalutare. A quel punto le fu diagnosticata una verruca. Essendo una “lesione benigna” l’asportazione avrebbe potuto aspettare. L’anno successivo, la donna va da altro specialista e la diagnosi e tremenda: “Melanoma nodulare invasivo, che si era infiltrato nel derma e aveva portato a metastasi”. La 63enne è morta nel 2016 e a distanza di due anni e mezzo è arrivata la condanna per il dermatologo del Cdc di Torino che aveva effettuato le prime due visite successive: otto mesi con le attenuanti generiche per omicidio colposo. Il parere del medico legale non lascia spazio a dubbi, “Se la diagnosi fosse stata anticipata anche solo al 2014, la donna avrebbe avuto elevate possibilità di sopravvivenza”.