Il Movimento 5 Stelle si sta disintegrando rapidamente: tra espulsi e fuoriusciti ha perso un terzo della sua consistenza parlamentare, e nei sondaggi ben più di metà dei consensi ottenuti nel 2018. Questo esito era ampiamente prevedibile e di fatto molti osservatori lo avevano previsto, anche se l’accelerazione recente del tracollo è sorprendente.
Sia Beppe Grillo che Luigi Di Maio ormai sono moderati e liberali e i tempi dei “Vaffa Days” sembrano remoti. Qualunque analisi politica dei fatti recenti, però, sarebbe insufficiente: il Movimento era nato con difetti strutturali evidenti e il tracollo attuale non può essere ricondotto a Tizio che ha fatto questo e Caio che non ha votato la fiducia a Mario Draghi. Analisi molto approfondite di questi difetti sono state pubblicate da Nicola Biondo e Marco Canestrari (contro i quali Davide Casaleggio ha intentato un processo per diffamazione), da Jacopo Iacoboni e da altri ancora.
Gianroberto Casaleggio in una lettera inviata al Corriere della Sera nel 2012 rivelò per la prima volta il suo ruolo nel Movimento. Per riassumere: il blog di Beppe Grillo fu costruito da Casaleggio nel 2005, i due “Vaffa days” furono tenuti nel 2007 e nel 2008, il Movimento fu fondato nel 2009, Federico Pizzarotti divenne sindaco di Parma nel 2012. Già questa minima cronologia rivela un aspetto inquietante che chiunque, nel 2012, poteva già vedere: dietro il nascente Movimento c’era un “guru” che era rimasto ignoto al pubblico per sette anni.
Forse per perseguire i suoi obiettivi politici (che costituiscono la vera incognita della storia del Movimento) Gianroberto Casaleggio scelse Beppe Grillo come frontman, ne rilanciò gli spettacoli di satira politica attraverso il blog e fece rimbalzare le citazioni al blog tramite vari siti civetta di proprietà della sua ditta informatica.
Casaleggio fu così bravo a pompare il blog di Beppe Grillo da farlo finire in due anni nella lista dei dieci blog più seguiti al mondo. Perché Beppe Grillo? Anche questo era ovvio a qualunque osservatore: la satira teatrale di Beppe Grillo era adatta ad un uso politico. La trama, noiosamente ripetitiva, del messaggio di Beppe Grillo era questa: esiste un problema sentito da molti (ad esempio il costo della benzina). Il problema ha una soluzione perfetta, priva di difetti (il motore a idrogeno), che però è avversata da organizzazioni potenti (le multinazionali del petrolio), capaci di corrompere i politici. Lungi dal riconoscere le vere cause del disagio sociale, la satira di Beppe Grillo lo creava, illudendo gli spettatori di essere vittime di un complotto. Casaleggio vide il possibile uso politico di questo messaggio e ne fece propaganda: un Movimento di politici onesti che resistono alla corruzione da parte delle organizzazioni malvagie.
La propaganda di Beppe Grillo, sfruttata da Gianroberto Casaleggio, non era fatta delle solite bugie raccontate dai politici: la bugia è un racconto possibile ma falso, una promessa possibile ma non realizzata. Beppe Grillo raccontava favole, completamente impossibili e credibili soltanto ad un elettorato ingenuo; ma Casaleggio sapeva bene che, anche escludendo l’elettorato critico e tenendosi solo gli ingenui, è possibile ottenere maggioranze o almeno larghe minoranze: lo aveva già dimostrato Silvio Berlusconi, di cui Casaleggio per molti versi era emulo e successore.
Era assolutamente ovvio e ampiamente previsto che le favole di Beppe Grillo si sarebbero squagliate come neve al sole appena il Movimento fosse giunto al governo. Infatti, era implicito nelle favole il rifiuto di qualunque forma di compromesso politico: alleanze, governi tecnici, eccetera. I compromessi politici servono a risolvere problemi reali, non dipendenti dalla disonestà del leader politico di turno: appena il problema reale si fosse presentato, la propaganda di Beppe Grillo avrebbe dovuto essere platealmente smentita, come è ripetutamente avvenuto.
Ogni smentita è stata vissuta come un tradimento da elettori e parlamentari che non hanno realizzato l’imbroglio iniziale: i sostenitori del Movimento si sono ogni volta divisi tra quelli che credevano alle favole originali e ne pretendevano la realizzazione, e quelli che piano piano le abbandonavano, diventando però simili ai politici degli altri partiti, prima disprezzati, e restando comunque di molto “inferiori” a loro per competenza e capacità.
La stessa sbandierata e autocertificata onestà era una favola, perché il contrasto alla disonestà richiede di incidere sulle sue cause reali e profonde e non può essere ottenuto con una presunta diversità genetica dei ragazzi meravigliosi di Beppe Grillo. Dopo il successo elettorale delle politiche 2018 c’era stato il crollo alle europee 2019, relativamente facile da analizzare perché molti tra gli elettori delusi erano stati espliciti nelle loro critiche: ad esempio il popolo no-Vax aveva lanciato la campagna #duemilionidivotiinmeno, accusando il M5s di aver tradito la precedente propaganda teatrale no-Vax di Beppe Grillo.
Casaleggio aveva scelto Beppe Grillo come frontman per la sua notorietà precedente e questa era entrata di diritto nell’interpretazione popolare degli obiettivi del Movimento. Era servita per avere voti nel 2018 ma si era rivelata una favola e fece perdere voti nel 2019.
Il disastro politico nazionale causato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non sarà facilmente recuperabile perché molti elettori, anziché capire di aver creduto a delle favole, le ritengono tuttora possibili e le vorrebbero realizzate: sono pronti a seguire chiunque ne prometterà la realizzazione e criticherà il M5s per non averle realizzate. Inoltre, a mio avviso, le facili misure populiste come il Reddito di cittadinanza sono più accattivanti di quelle solide, come una valida politica del lavoro che contrasti la disoccupazione e lo sfruttamento.