Il Comitato tecnico scientifico riunito per dare indicazioni in vista del prossimo dpcm: l'impatto dei nuovi contagi nelle scuole è confermato, servono restrizioni. Una delle quote in discussione per chiedere la Dad sarebbe di 250 casi ogni 100mila abitanti. Inoltre è considerata auspicabile una modulazione delle misure a seconda delle zone, che sia variabile in base a Comuni o Province. Intanto anche l'Abruzzo dispone lo stop
L’impatto dei nuovi contagi nelle scuole è confermato, ma ancora differenziato a seconda delle zone. Per questo motivo, secondo i membri del Comitato tecnico scientifico, è auspicabile che si valutino nuove regole per le chiusure. Il Cts si è riunito e ha stilato un verbale da fornire al governo con le indicazioni da considerare per il prossimo dpcm. Stando alle anticipazioni dell’agenzia Ansa, l’indirizzo è quello di prevedere lezioni a distanza in tutte le scuole nelle zone rosse regionali o in quelle locali, con una rivalutazione della situazione ogni 7 giorni. Ma non solo: si proporrà di chiedere lo stop alle classi in presenza anche oltre il superamento di una determinata soglia di incidenza, a prescindere dal colore. Una delle quote in discussione sarebbero i 250 casi ogni 100mila abitanti. Nelle zone arancioni il Cts sottolinea invece l’importanza “di garantire quanto più possibile l’attività didattica in presenza”. Il 24 febbraio scorso, ilfattoquotidiano.it ha raccontato come in Italia si stiano moltiplicando le chiusure degli istituti a causa dell’aumento dei contagi. Solo a Milano e hinterland, in una settimana sono stati registrati 547 positivi e 312 classi sono state isolate.
Inoltre sarebbe auspicabile una modulazione delle misure a seconda delle zone, ma che sia variabile in base a Comuni o Province e non soltanto su base regionale. Proprio la maggiore flessibilità potrebbe aiutare a prevenire la nascita di nuovi focolai. Secondo il Cts, con la stabilità dei contagi in zona gialla per 3 settimane consecutive, le attuali disposizioni sulle lezioni in presenza non dovrebbero cambiare. Al verbale sarà allegato uno studio Iss, sul quadro contagi-scuole.
La bozza del nuovo dpcm: cosa potrebbe cambiare con le varianti – Attualmente, come previsto dall’ultimo dpcm e anche nella bozza del primo provvedimento firmato da Mario Draghi, in zona gialla e arancione vanno in classe tutti gli studenti, nelle scuole secondarie con il criterio della soglia minima del 50% di lezioni in presenza. Mentre nelle zone rosse è prevista la didattica a distanza per tutti gli studenti dalla seconda media in su. Stando alla bozza del nuovo dpcm, la scuola dovrebbe restare in presenza per gli alunni dell’infanzia, delle elementari e delle medie. Mentre per quelli delle superiori la didattica è in presenza “almeno al 50% e fino ad un massimo del 75%”. Nel testo si introduce un’ulteriore misura: “Al fine di mantenere il distanziamento sociale, è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa”. In queste ore però – sulla base del quadro epidemiologico delle nuove varianti del Covid che sarà esaminato dai tecnici – non si esclude che possano arrivare dal governo ulteriori provvedimenti restrittivi sulla didattica in presenza e sull’utilizzo delle mascherine da parte dei bimbi tra i 6 e 11 anni. In alcuni casi i governatori hanno già applicato misure più restrittive come ad esempio in Puglia, Campania e Marche. Gli ultimi provvedimenti proprio oggi: la Basilicata, che lunedì sarà in zona rossa, ha previsto lo stop a tutte le scuole dall’1 al 5 marzo. Scuole chiuse anche in tutto l’Abruzzo da lunedì. L’ordinanza sarà valida fino a nuove disposizioni.
L’unità di crisi della Campania: “Variante inglese troppo diffusa, serve la chiusura delle scuole” – In Campania, il presidente Vincenzo De Luca ha emesso un’ordinanza per sospendere le lezioni in presenza dal primo al 14 marzo. Nelle ultime tre settimane nella Regione si registra “un aumento dei contagi in tutte le fasce d’età, tranne che nella fascia d’età 0-2 anni”, scrive l’unità di crisi. Lo scenario epidemiologico “risulta significativamente aggravato rispetto a quello rilevato nella settimana scorsa e vede una diffusa esposizione alle varianti, e, in particolare, a quella inglese, nelle aree metropolitane e casi anche nelle aree interne o isolane, sinora non esposte”. Ecco perché, secondo l’unità di crisi regionale, “appare oggi indispensabile affiancare ulteriori misure di contenimento che consentano di depotenziare con rapidità la curva di incremento collegata al carattere di ‘porosità’ che contraddistingue la circolazione delle varianti sul territorio regionale”. La misura necessaria individuata dai componenti dell’Unità di crisi regionale è “la temporanea sospensione delle attività didattiche in presenza delle scuole ed Università, in considerazione: della diffusione della variante inglese del virus presso le fasce più giovani della popolazione e dei gravissimi rischi di propagazione negli ambienti familiari degli studenti”.
Rezza: “Anche se doloroso, considerare le chiusure delle scuole”. Zaia: “Si esprima la comunità scientifica” – Solo ieri, il direttore generale prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, ha parlato di un “aumento di focolai nelle scuole che potrebbe essere conseguenza della presenza di varianti”. Secondo Rezza bisogna “tenerne conto”, tanto che, dove ci sono o dove “c’è presenza di varianti ad alta trasmissibilità soprattutto nella popolazione scolastica” la decisione di chiudere le scuole anche se “dolorosa” è “da considerare“. “Ci siamo dati come priorità quella di aprire e tenere aperte le scuola. Finché è possibile farlo, è chiaro che la didattica in presenza rappresenta una priorità”, però solo “se la situazione epidemiologica lo permette”.
Stamattina invece, interpellato dall’agenzia Ansa, era stato il governatore del Veneto Luca Zaia a chiedere un intervento del Cts sulle scuole: “Il contagio cresce, ed è fondamentale e urgente che ci sia una valida espressione della comunità scientifica circa l’apertura delle classi”. Quindi ha detto di aver chiesto lui stesso “formalmente, nella riunione tenutasi in settimana tra la Conferenza delle Regioni e il governo, che il Cts si esprima ufficialmente sull’opportunità di tenere le scuole aperte, a fronte di notizie che la comunità scientifica sta diffondendo su una possibile terza ondata del virus”. Questo, ha detto Zaia, anche “alla luce dell’evoluzione della situazione, nella quale varie Regioni d’Italia sono passate in arancione, e altre rischiano di diventarlo a breve”. E ha chiuso: “Chiudere una scuola è una sconfitta, ma è pur vero che in questa fase dobbiamo avere la certezza assoluta che non si crei un effetto leva nella diffusione del contagio”.