Dio benedica l’infrazione alla regola, perché è proprio l’uscita dagli schemi che ha salvato la pittura di Vittorio Corcos (Livorno, 1859 – Firenze, 1933) dalla mediocrità ma soprattutto dalla concorrenza di Boldini e De Nittis: Parigi lo ha adottato ventenne per glorificarlo come ritrattista mondano nell’olimpo delle ricche dee fin de siècle, tra vanità ed eccessi di un’epoca sull’orlo della perdizione. Molti di questi lampi sono in esposizione fino al 27 giugno a Palazzo Pallavicini a Bologna la monografica Ritratti e sogni. Relegato per anni nelle esigue citazioni degli storici dell’arte la mostra ne rende la riscoperta ancora più sorprendente: è Carlo Sisi, appassionato studioso di Corcos (già curatore della monografica padovana a Palazzo Zabarella del 2014 e di quella torinese del 2019 alla Fondazione Accorsi-Ometto) l’ideatore e curatore delle sei sezioni tematiche che dalla seconda metà dell’Ottocento tendono la mano al primo trentennio del Novecento per ripercorrere attraverso una selezione di 40 opere straordinarie i nodi principali dell’esistenza del maestro livornese.
Se la Belle Époque è sognatrice e illusa, l’Italia i suoi sogni ha provato a realizzarli nel 1861: Corcos la fissa sulla tela come paese nascente che deve fare i conti con i problemi di un’Unità sofferta, attraverso i ritratti dei grandi uomini che hanno contribuito a ricucirla. Paradossalmente, nonostante lo sforzo magistrale del pittore-chirurgo per cancellare i difetti estetici delle nobili maliarde, sono i ritratti maschili a rimanere insuperati. Gli uomini dell’Italia umbertina e dannunziana, ai quali poco interessava apparire con meno rughe, possiedono la carta vincente nella sfida contro il tempo: il carisma, l’unica vera bellezza che non conosce scadenza. Sono i familiari e gli amici, ora austeri ora spontanei nei loro ritratti, a bussare alla porta della casa fiorentina di Corcos e a venire accolti in quel salotto diventato circolo intellettuale grazie al carisma della seconda moglie Emma Ciabatti: c’è il pittore Silvestro Lega, ci sono i critici Enrico Panzacchi e il conterraneo Yorick, l’editore Emilio Treves, lo scrittore di storie marinare Jack la Bolina, e Giosuè Carducci, che non ha bisogno di presentazioni.
La ritrattistica femminile, ambito nel quale Corcos è stato considerato un vero innovatore, annaspa in un pulviscolo candido e talcato, un effluvio di pizzi, fiocchi e ombrellini dai colori pastello, per una perfezione fotografica al limite del lezioso sostenibile. Che si trattasse di gusto dell’epoca o delle richieste del mercante Adolphe Goupil, dipingendo quei volti dalla perfezione pubblicitaria che arridono all’osservatore senza vederlo, il pittore non va oltre la prova di bravura e cristallizza le giovani nel rettangolo soffocante del ritratto iperrealista: dipinge dive e divine “come desiderano d’essere, non come sono”, assecondandone le manie di autocelebrazione. Ma nel momento in cui Corcos infrange la regola di questa linea affettata si fa vero precursore di una modernità spregiudicata e ambiziosa, in cui le donne si offrono alla contemplazione guardando con sfida l’osservatore, senza temerne il giudizio. I loro occhi, specchi di un’anima seducente perché colta ed emancipata, risplendono più dei loro abiti e dei gioielli, perché le mode lasciano il tempo che trovano ma i loro sguardi no.
Il segreto dei ritratti davvero riusciti di Corcos sta nell’imperfezione manifesta, che non chiede di essere censurata: qui si nasconde la bellezza “del fantasma e del fiore”, che non scende a compromessi e non cede alla banalità, che non annoia. Le donne imperfette e consapevoli, quelle con ambizioni all’altezza dei propri sogni, sono l’ancora di salvezza che permette al pittore di ritrovare se stesso e la sua arte. Loro per prime si sono perse e ritrovate nelle pagine di libri non più proibiti, nella vezzosità piumata di abiti e cappelli; sfiorano il mondo con guanti di seta e ne attraversano i parchi con scarpette di vernice. Quando i loro occhi guardano il mare si tingono del colore del cielo: nostalgici presagi s’infrangono come le onde di Castiglioncello alle spalle di Ada: villa Corcos (poi acquistata dal grande Alberto Sordi) si affacciava su una grande insenatura dalla quale non si vedeva la fine del mare ma quella di una Belle Époque agli sgoccioli, quando le donne percepivano il cambiamento imminente come una tempesta in arrivo.
È magnetica la Venere in terra di Gabriele D’Annunzio, la soprano e attrice Lina Cavalieri: nel 1906, la musa di Fornasetti e Boldini, diede il bacio più scandaloso “del mondo” al tenore Enrico Caruso sul palco del Metropolitan Opera House di New York passando alla storia come the kissing Primadonna. Ma prima di tutte c’è Elena Vecchi, la figlia dello scrittore La Bolina, è lei la deviazione meglio riuscita. L’icona della decadenza sale sul banco degli imputati per “seducente perversità” e siede disinvolta accavallando la gamba: si rivolge all’osservatore, la mano chiusa a pugno sorregge il mento. Il suo sguardo è altrove, non perso, oltre. I libri chiusi indicano una lezione di vita ormai appresa, causa di pensieri che non si addicono a una giovane donna di fine Ottocento. E se non si trattasse di Sogni dorati ma di rimpianti? Consapevolezza di sogni infranti, portati via dal soffio di un autunno alle porte; di un amore che trascolora come i petali caduti a terra della rosa abbandonata accanto a lei; malinconia di un tempo sgualcito, come le copertine dei suoi libri.
INFO MOSTRA
VITTORIO CORCOS – Ritratti e sogni
2.2.2021 | 27.6.2021
Palazzo Pallavicini | Bologna
Giorni e orari di apertura | mar-ven 11-20
Biglietti | Intero 13€ – Ridotto 11€
Contatti | info@palazzopallavicini.com
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