L'imprenditore al giudice, che ha emesso una seconda ordinanza di custodia cautelare per gli abusi denunciati da una 23enne a Ibizia, ha detto che chi sceglieva di andare alle feste era consapevole
Le organizzate come un “sistema” in cui il padrone di casa metteva a disposizione delle ospiti “tutto” compresa una grande quantità di cocaina. Alberto Genovese, l’imprenditore del web in carcere dal 6 novembre e colpito da una nuova ordinanza di custodia cautelare due giorni fa, ha negato di aver violentato la modella 23enne a Ibiza a luglio, così come aveva fatto dopo l’arresto per il caso della 18enne. Interrogato dal giudice per le indagini preliminari il 43enne ha sostenuto che la modella, così come le altre ragazze che partecipavano ai suoi festini a base di droga e andavano nella sua stanza, lo facevano consapevolmente. E avrebbe spiegato quel “sistema” in cui lui metteva a disposizione “tutto”, compresa gran parte della cocaina che, comunque, di solito portavano gli uomini. Le giovanissime donne che hanno denunciato l’uomo invece hanno sostenuto di aver subito abusi ripetuti. Senza contare che per quanto riguarda il primo caso contestato esistono immagini e video che per gli inquirenti non lasciano dubbi.
Genovese dal carcere di San Vittore, dunque, anche oggi non ha ammesso le violenze, interrogato per circa un’ora alla presenza in videoconferenza, oltre che del gip Tommaso Perna, anche del pm Rosaria Stagnaro e dei legali Luigi Isolabella e Davide Ferrari. È accusato nella seconda ordinanza di aver abusato, assieme alla fidanzata (indagata), della 23enne a Villa Lolita, sua residenza di vacanza nell’isola spagnola, dopo averle ceduto massicce dosi di cocaina e ketamina. E avrebbe sostenuto, in pratica, che lei, con cui per un periodo, a suo dire, aveva avuto anche una relazione, era consenziente e che i lividi che aveva sul corpo erano dovuti al fatto che la ragazza era talmente “fatta” che lui e la fidanzata avevano dovuto tenerla ferma perché si dimenava, ma non per abusare di lei.
Nell’interrogatorio di oggi l’imprenditore avrebbe anche descritto il mondo della droga, precisando che si riforniva in particolare da due persone, e il “sistema” delle feste. Ha fornito anche i nomi di coloro che gli vendevano la cocaina, persone, a suo dire, capaci di “farti arrivare” cocaina e altro “ovunque tu sia in qualsiasi parte del mondo”. Ai festini, comunque, ha aggiunto, erano gli uomini di solito a portare le droghe e lui ne metteva a disposizione gran parte e le donne partecipavano perché sapevano che c’era la droga. Tra l’altro, a quanto si è saputo, Genovese avrebbe anche spiegato che c’erano feste e “ambienti” in cui le persone attorno a lui non si drogavano e questi due mondi erano “incomunicabili” tra loro. Dunque, chi sceglieva di andare ai festini a base di droga, secondo la sua versione, ne era ben consapevole. Ha detto al gip anche che lui “sta male” in carcere e di recente, infatti, la difesa ha chiesto i domiciliari in una clinica per la disintossicazione. Istanza, però, bocciata. La difesa ora valuterà se fare o meno ricorso al Riesame contro la secondo ordinanza. Degli altri capi di imputazione, per i quali i pm hanno chiesto l’arresto ma il gip l’ha negato, Genovese, a domanda specifica, non ha voluto parlare perché ha ritenuto soddisfacenti le valutazioni del giudice.