Somministrare una sola dose per dare una copertura al maggior numero di persone ritardando la seconda dose oppure rispettare i protocolli previsti per i vaccini anti Covid che prevedono due somministrazioni con intervalli precisi? L’allarme sui contagi e sulle varianti e le nuove restrizioni per diminuire la pressione su ospedali e terapie intensive sta aprendo un dibattito su cosa fare. Anche tra gli scienziati. E così il professor Massimo Galli (ospedale Sacco di Milano), fino a un mese e mezzo fa, contrario all’ipotesi di ritardare la seconda dose ora prende in considerazioni l’ipotesi sottolineando la necessità di paletti bene precisi. Un perimetro temporale molto importante anche per il professor Carlo Federico Perno (ospedale Bambino Gesù) che ricorda che posticipare troppo la seconda dose potrebbe innescare un rischio di di sviluppo di “ceppi resistenti” al vaccino.
“Il vaccino funziona anche nei confronti della variante quindi il problema non è in questo momento non avere un altro vaccino per la variante inglese, ma è di vaccinare più persone possibili. Le dosi di vaccino siamo d’accordo che dovrebbero essere due, per lo meno per i vaccini che sono stati approvati finora, quando arriverà J&J basterà una dose – dice Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri a Mezz’ora in più su Rai Tre – La proposta che avevo avanzato condivisa da molti lavori scientifici a livello internazionale è quella di ritardare la seconda dose, che è stata applicata in Inghilterra. Si vuole semplicemente ritardare la seconda dose in modo da vaccinare il doppio delle persone, con qualunque dei vaccini che sono disponibili in questo momento approvati dall’Ema in modo da arrivare all’estate, poi penseremo alla seconda dose”. “Questo ci consente di vaccinare il doppio delle persone – aggiunge Remuzzi – e in un momento in cui i vaccini sono pochi e di avvicinarci a quando speriamo la circolazione del virus un po’ perché stiamo all’esterno e un po’ perché le temperature cambiamo, potrebbe essere rallentata”.
Dubbiosa se non addirittura contraria l’immunologa, Antonella Viola (università di Padova), che sul suo profilo Facebook sabato scriveva. “In mancanza di dati sulla durata della protezione e sull’efficacia contro le varianti, in mancanza di un modello che ci dica quante persone dovremmo vaccinare ogni giorno con una singola dose perché questo approccio faccia la differenza, su quali basi si decide di modificare la somministrazione di un vaccino approvato? Per fortuna in Usa c’è Fauci (e Biden che ha capito chi ascoltare e chi no) a tenere la barra dritta: loro continueranno con le due dosi perché solo così sanno di proteggere i cittadini. Fino a prova contraria.
Sulla stessa lunghezza d’onda il virologo Massimo Clementi, professore ordinario e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: “Pensare di fare una cosa giusta somministrando una singola dose dei vaccini programmati per due (non per J&J che è già programmato su una singola dose) è in realtà sia contrario alle procedure di efficacia e sicurezza dei farmaci, sia pericoloso. Chiedere a qualsiasi studente di medicina, per favore, quale effetto ha una dose subottimale di antibiotico o di antivirale sulla selezione di varianti resistenti di qualunque microrganismo. Sarebbe non solo importante, ma forse dovuto, su questo tema un pronunciamento di Ema o di Aifa. L’Fda americana non sente questa necessità perché nessuno negli Stati Uniti ha prospettato questo obbrobrio. Facciamo comportare da Indiana Jones il creativo premier inglese (inventore a dicembre 2020 del ruolo delle varianti virali come alibi per i governi che hanno assunto misure insufficienti), noi seguiamo i paesi che stanno attuando strategie scientificamente validate. Piuttosto recuperiamo i vaccini perduti. Se Ue è incapace di negoziare, come sembra, gli stati facciano in proprio. Alcuni lo stanno già facendo”.
Un tema delicato, spinoso, che si impone per far fronte all’emergenza che sta condizionando il mondo ormai da oltre un anno. È da valutare invece secondo il virologo Fabrizio Pregliasco l’ipotesi di somministrare una sola dose di vaccino anti Coid-19. “La scelta di somministrare una sola dose è legata all’emergenza, ma non per questo non sarà efficace. Si proteggerebbero più persone e poi dopo si penserebbe alla continuità”, ha il direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano e membro del Cts lombardo, in un’intervista a iNews24.it. “Sicuramente – ha aggiunto – non ci basterà questo primo giro di vaccinazione, bisognerà richiamare le persone per vaccini magari aggiornati secondo le varianti. Se facciamo adesso un lavoro importante i casi caleranno, ma poi dovremo darci una dose ulteriore di richiamo”. Pregliasco rileva inoltre che “queste vaccinazioni, per una registrazione rapida, hanno uno schema iniziale che prevedeva due dosi fisse per ottenere un risultato. Stiamo vedendo che, come per altre vaccinazioni, si possono allungare i tempi. Non ne siamo certi, lo stiamo provando nella fase reale”.
Il tema sarà affrontato la prossima settimana dagli esperti. “La prossima settimana ne discuteremo in due commissioni dell’agenzia e anche il Consiglio Superiore di Sanità esprimerà un proprio parere in modo indipendente. La proposta – spiega Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco in una intervista al Corriere della Sera – è stata formulata dalla Regione Lombardia su iniziativa dell’istituto Mario Negri e del professor Giuseppe Remuzzi in particolare. È una strategia possibile quella di favorire una vaccinazione più rapida, anche se non ottimale, del doppio di persone. La scelta finale spetterà al ministro e al governo”. Anche se per Magrini è “meglio indossare due scarpe buone che una sola malandata, ma vi è ampio spazio di discussione. UK fece questa scelta al picco di 70mila contagiati e con una disponibilità di vaccini superiore alla nostra mentre noi oggi siamo in una situazione meno grave anche se con alcune criticità. Credo sia meglio dare la doppia dose al numero giusto di persone piuttosto che una sola al doppio di persone”.