Era il più giovane del gruppo eppure era il più feroce. Ha solo 17 anni, ma “ha dato prova di essere oltremodo avvezzo alla realizzazione di variegate e gravi” forme di reato. Un giovanissimo calciatore dei campionati minori pugliesi, ma anche un soggetto “abitualmente dedito alle attività criminali” con le quali si guadagna da vivere: denaro che gli consente di ottenere il necessario e il superfluo. Dallo “smartphone costosissimo e di ultimissima generazione” ai tatuaggi da migliaia di euro fino alle vacanze nelle quali “si mangia” il denaro. È questo il ritratto che emerge dalle centinaia di pagine dell’inchiesta che ha permesso alla Squadra mobile di Foggia guidata dal vice questore Mario Grassia, di identificare e arrestare l’autore materiale dell’omicidio di Francesco Paolo Traiano, tabaccaio foggiano accoltellato durante una rapina avvenuta il 17 settembre 2020 in via Guido Dorso presso il bar-tabaccheria “Gocce di Caffè” e deceduto 23 giorni dopo per le ferite.
L’operazione “Destino” come è stata ribattezzata dai poliziotti, ha permesso di arrestare l’intero commando che quel giorno prese parte alla rapina: in carcere sono finiti Christian Consalvo e Antonio Pio Tufo entrambi di 21 anni, il 24enne Antonio Bernardo e infine Simone Pio Amorico di 22. Per l’accusa, però, a sferrare il colpo mortale è stato proprio il minorenne l’unico arrestato di cui per legge non vengono diffuse le generalità. La lettura degli atti di indagine, però, consente di tracciare un profilo, un ritratto del giovanissimo calciatore che ora indossa i panni del presunto killer. Le sue responsabilità penali nella vicenda saranno valutate dai giudici, ma da quelle pagine emerge con forza il suo tenore di vita ben oltre le sue possibilità e anche la sua spregiudicatezza che lo porta a reperire denaro “in tutti i modi”. È proprio lui a spiegarlo alla sua fidanzata che cerca di farlo d ragionare, di aiutarlo: quando la giovanissima scopre che il 17enne deve ripagare entro poche settimane debiti per oltre mille euro, si offre di aiutarlo, ma senza successo: il giovane non solo rifiuta l’aiuto della fidanzata, ma aggiunge “come li posso fare li faccio” e quando la ragazza chiede come farà, lui risponde “Già sai”.
La conversazione risale a poche ore prima della rapina: nel tardo pomeriggio di quel 12 settembre, infatti, il 17enne piomberà nell’esercizio commerciale di Traiano per la rapina. Questa la dinamica ricostruita dagli investigatori: “Una volta entrato nell’esercizio commerciale – si legge nella carte dell’inchiesta – si avventa contro Traiano Francesco Paolo, che si trovava in prossimità del registratore di cassa, lo aggredisce, percuotendolo e sferrando al suo indirizzo diversi fendenti, da cui la vittima cercherà ripetutamente di difendersi”. Non solo. Il 17enne “oltre ad aver percosso il Traiano, gli infligge il colpo mortale” e “non pago della barbara azione appena posta in essere, colpisce anche con due calci Traiano, ormai inerme sul pavimento”.
Un’azione che per il giudice Patrizià Fama del tribunale dei minorenni che ha ordinato la sua custodia nel carcere minorile di Bari, è “un’aggressione crudele con reiterazione di colpi violenti, sferrati da distanza ravvicinatissima, da posizione frontale rispetto alla vittima, con notevole forza e diretti in zone vitali del corpo quali il volto” che manifesta chiaramente “la piena intenzionalità e volontà” del ragazzo cattivo di Foggia. Insomma da quella rapina, in realtà, emerge senza dubbio per gli inquirenti “quella ferma intenzionalità e volontà di produrre l’evento morte della sua vittima”. Insomma il 17enne voleva uccidere per il disperato bisogno di denaro: “Non si è fatto alcuno scrupolo – aggiunge il giudice Famà – a porre in essere condotte di inaudita violenza, mostrando un totale spregio per la vita umana, che non ha avuto alcuna remora a sacrificare, pur di impossessarsi della somma di denaro presente nel registratore di cassa e di qualche biglietto ‘Gratta e Vinci’”. E neppure il tentativo di difendersi del tabaccaio sono bastati a placare la sua “furia criminale”, anzi: Traiano è diventato a quel punto “bersaglio di numerosi e violenti fendenti, quasi tutti diretti al volto” a testimonianza della pericolosità del 17enne che ha agito consapevolmente “a mano armata” e “con accanimento da assassino”. E neppure dopo quella drammatica sequenza di momenti, secondo gli investigatori, emerge un segnale di pentimento o la paura delle conseguenze. Il 17enne si preoccupa solo del tempo che gli resta prima che lo arrestino. Ma in quel tempo nulla cambia nella quotidianità del ragazzo cattivo di Foggia.