Prosegue da oltre un mese la protesta di una ventina di operai della tintoria Texprint di Prato, nel cuore del macrolotto industriale del tessile e della moda. Lo sciopero a oltranza si accompagna a un presidio permanente di fronte alla fabbrica, dove hanno montato due tende e si alternano giorno e notte. Sui cartelli affissi ovunque si legge la loro semplice richiesta: “8×5” otto ore di lavoro per cinque giorni alla settimana. Per portare avanti questa domanda di regolarizzazione delle proprie condizioni di lavoro, in queste settimane, un terzo degli operai della fabbrica si è iscritto al sindacato, chiede di essere pagati come previsto dal contratto nazionale: “Nonostante tutti noi lavoriamo in quel capannone da almeno tre anni – spiega il delegato SiCobas Rahman Abdul – ci pagano con contratti da apprendistato, costringendoci a straordinari non pagati tutti i giorni. Ogni giorno festivi compresi restiamo sul posto di lavoro almeno 12 ore, è un lavoro usurante e le condizioni di stanchezza fisica e mentale hanno già causato anche incidenti”. Da Texprint non arrivano comunicazioni ufficiali né sembra arrivare alcuna apertura alle trattative.
Tra gli impiegati dell’azienda risulta Valerio Sang Yu Zhang, che ha da poco concluso i sei mesi di domiciliari in custodia cautelare dopo il coinvolgimento nell’inchiesta della Dda antimafia di Milano (la Texprint non è stata toccata dall’indagine). Anche se ufficialmente non risulta, per il sindacato SiCobas sarebbe lui il vero proprietario dell’azienda: “Non capiamo come la Prefettura possa restare a guardare senza prendere provvedimenti se una persona così vicina all’azienda risulta indagata per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale aggravata dal metodo mafioso e dalla disponibilità di armi, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni e bancarotta – denuncia il sindacato che sta portando avanti questa e altre vertenze analoghe nel distretto tessile di Prato – Non sarebbe certamente né il primo né l’ultimo caso di intrecci tra queste aziende e la criminalità organizzata, per questo chiediamo di aprire un osservatorio che faccia luce anche sull’uso della cassa integrazione che è stata fatta in questi mesi. Non possiamo pensare che continuino ad arrivare aiuti di Stato a chi sfrutta i lavoratori privandoli di qualunque diritto”.
Sempre presenti al presidio i due portavoce del SiCobas di Firenze e Prato, Sarah Caudiero e Luca Toscano, che proprio lo scorso anno hanno vinto davanti al Consiglio di Stato il ricorso contro la Questura di Prato che aveva emanato nei loro confronti dei fogli di via proprio a seguito delle vertenze anti-sfruttamento in altre tintorie del territorio. “Noi facciamo la nostra parte aiutando i lavoratori a denunciare, organizzarsi e far sentire la propria voce, il resto lo farà lo Stato con i suoi tempi come già avvenuto per le vertenze vinte negli scorsi mesi – spiega Luca Toscano a ilfattoquotidiano.it – è solo questione di tempo e perseveranza, ma siamo sicuri di vincere questa vertenza anche perché in questi anni gli operai del distretto pratese hanno imparato a registrare e documentare i soprusi che subiscono sul lavoro”.
Anche chi criticava i metodi di conflitto sindacale messo in campo dal SiCobas (che oltre agli scioperi a oltranza hanno compreso in alcune occasioni picchetti e blocchi) ora riconosce che proprio le vertenze portate avanti con queste modalità, in questi mesi hanno portato le istituzioni a fare luce su condizioni di sfruttamento nel distretto pratese. “Appena ci siamo iscritti al SiCobas per chiedere il rispetto del contratto di lavoro e il passaggio dalla formula di ‘apprendistato’ nella quale venivamo inquadrati per essere sottopagati al contratto regolare che ci spetta di diritto, è arrivata una mail in cui l’azienda ci metteva in cassa integrazione – racconta Rahman Abdul, uno dei rappresentanti dei lavoratori che abbiamo incontrato davanti ai cancelli di Texprint – riteniamo si tratti di un provvedimento punitivo e illegittimo perché la fabbrica non ha assolutamente interrotto il suo ritmo di produzione e, anzi, continua a chiedere a chi è rimasto a lavorare gli straordinari pesantissimi che venivano richiesti a noi: oltre 12 ore, 7 giorni su 7”. In questi giorni, racconta il sindacato, alcuni dirigenti dell’azienda si sono avvicinati ai lavoratori in presidio offrendo soluzioni economiche: “Sono venuti qui e ci hanno offerto migliaia di euro per interrompere la protesta, ma a noi non interessano soluzioni individuali, perché sappiamo che se le accettassimo domani prenderebbero qualcun altro e continuerebbero con i metodi di sfruttamento utilizzati fin ora. Uno dei nostri slogan è ‘Tocca uno – tocca tutti’, non è difficile da comprendere che solo restando uniti potremmo ottenere un miglioramento per tutti – spiega l’operaio e delegato SiCobas Rahman Abdul – noi non vogliamo scorciatoie individuali, vogliamo migliorare per tutti le condizioni di lavoro nel distretto pratese: ‘Mai più schiavi’”.