Cronaca

Vaccini, la distribuzione è troppo lenta: se la situazione non si sblocca, via al potere d’inchiesta

Lo dico senza tentennamenti: l’andamento della distribuzione dei vaccini in Europa è troppo lento. E riconoscere il problema è il primo modo per risolverlo. Per questo motivo credo che sia doveroso interrogare, anche con toni duri e critici, tutte le istituzioni e gli enti coinvolti, per risolvere questo problema. Ciò non significa ledere il principio dell’unità europea. Al contrario, per rafforzare quei principi comunitari e solidaristici, che con fatica abbiamo fatto valere durante la pandemia, dobbiamo fare in modo che proprio a quei principi seguano dei fatti. Prima di entrare nel merito, però, è opportuno ricostruire il quadro che ci ha condotto fin qui.

L’Europa ha scelto la strada di una gestione centralizzata nell’acquisto dei vaccini. Questo ci ha garantito un acquisto delle dosi ad un costo minore rispetto a quello che avremmo pagato individualmente come Stati membri. Pensiamo, per un momento, cosa avrebbe voluto dire se italiani contro tedeschi, francesi contro spagnoli, avessero aperto una gara al rialzo per l’acquisto di una risorsa così scarsa come i vaccini.

Inoltre, questa stessa volontà comune europea ha permesso che l’Unione finanziasse la ricerca con fondi ingentissimi, elemento fondamentale che ha consentito di arrivare in tempi record ai vaccini, eliminando di fatto il rischio di impresa per le società farmaceutiche impegnate in questo sforzo. Ciò non toglie però che la carenza di dosi ci pone di nuovo di fronte ad una fase critica, che rimette in discussione ancora una volta i dilemmi con cui abbiamo dovuto fare i conti all’inizio della pandemia, ovvero il giusto equilibrio fra interesse privato e salute pubblica in una fase di crisi.

Il punto è: l’Europa (e la comunità internazionale in generale) come può intervenire per fare fronte a questa vicenda? È sufficiente richiedere il rispetto dei contratti o bisogna fare qualcosa di più?

Secondo alcuni bisognerebbe semplicemente lasciare lavorare in tranquillità le case farmaceutiche. Questo perché, secondo questa scuola di pensiero, soltanto grazie alla spinta dell’interesse privato abbiamo potuto fare ricorso ad una industria farmaceutica che, in un anno, è riuscita a creare dei vaccini efficaci e bisogna evitare, anche in fase di crisi, di spiazzare il mercato tramite interventi pubblici coercitivi. Io non sono d’accordo. Sarebbe una visione miope. In primo luogo, proprio il fatto che non sia stata attrezzata una linea di produzione industriale autonoma, con il supporto pubblico al privato, ha causato la carenza di vaccini attuale. E questo è l’errore al quale bisogna porre rimedio al più presto.

In secondo luogo, il contributo pubblico alla ricerca del vaccino contro il Covid-19 è stato così importante che non giustifica l’intoccabilità dell’indipendenza degli animal spirits privati. Penso, in particolare, al fatto che l’Unione Europea – ma possono farlo anche gli Stati membri – dovrebbe chiedere in sede Wto una deroga alle proprietà intellettuali del vaccino per velocizzare il trasferimento di informazioni e know how per accelerare l’allestimento di nuovi siti produttivi in tutto il mondo. E sì, perché non dobbiamo dimenticarci che la sfida è globale e solo se tutto il mondo verrà vaccinato anche la ricca Europa potrà essere davvero fuori dall’incubo. Ci sono alcuni precedenti nella storia recente in cui ci sono già state importanti deroghe ai diritti di proprietà intellettuale per far fronte a importanti crisi sanitarie.

In ultimo c’è il tema non secondario del rispetto degli impegni presi. Le risposte che le cause farmaceutiche hanno dato all’audizione in Parlamento Europeo sono insufficienti. Se la situazione non si sblocca, sono convinto che l’unico modo per fare chiarezza sarà esercitare uno dei poteri più importanti che i parlamenti hanno da sempre: il potere di inchiesta.

Non si pensi che sia il tempo della polemica. Al contrario, un serratissimo controllo democratico nei confronti di interessi così mastodontici è l’unico modo per non minare la fiducia reciproca in questa fase delicatissima. Ed è anche un modo per incentivare tutti a darsi una mossa. Lo dico, in particolare, perché un altro vaccino è in corso di approvazione presso l’Ema: quello di Johnson&Johnson per cui abbiamo acquistato 200 milioni di dosi.

Da cittadino, spero non si ripetano gli stessi ritardi degli ultimi mesi. Da deputato europeo mi batterò per vigilare affinché ciò non avvenga.