Siamo un paese di lamentosi. Si sprecano su ogni argomento le geremiadi perché non si è fatto questo o quello. Si poteva fare di più e diversamente. Certo! In tante situazioni si può e si deve puntare al meglio, ma continuare a lamentarsi sul passato, su ciò che non è stato, rischia di condizionare il futuro e produrre una situazione di insoddisfazione perenne che blocca ogni iniziativa.
In questo momento ci si lamenta per i vaccini. Si afferma che in alcuni paesi stanno vaccinando più che da noi, ma si dimentica che nella stragrande parte delle nazioni ci si vaccina di meno. Se in novembre o dicembre avessimo deciso di essere i primi a vaccinarci, come è stato fatto in Israele e Inghilterra, bypassando alcune regole di prudenza e un certo numero di controlli, certamente molti si sarebbero stracciati le vesti, affermando che non era possibile che il nostro popolo facesse da cavia per gli altri.
Ora che i vaccini appaiono sicuri (dopo cento milioni di dosi somministrate) vorremmo viceversa essere stati i primi. L’ipotesi che il governo Draghi propugna, di immunizzare con un’unica dose la maggior parte delle persone, per poi fare la seconda dopo alcuni mesi e non dopo un solo mese, incontra già le lamentele di coloro che vorrebbero mantenere la doppia dose negli standard indicati dalle prime sperimentazioni.
Un mese fa, in un precedente post, avevo appoggiato l’ipotesi formulata dal prof. Remuzzi di utilizzare, in questa fase di emergenza, una dose per il maggior numero di persone possibili, in quanto con questa modalità si sono ridotte e quasi azzerate le evoluzioni più gravi della malattia che portano alle ospedalizzazioni. La seconda dose potrà essere somministrata dopo tre mesi, nel momento in cui avremo maggiori disponibilità di vaccini. Molti risposero alle mie sollecitazioni, lamentandosi che in questo modo non si raggiungeva la massima immunizzazione desiderabile.
Da allora le lamentele non si sono spente, ma continuano anche oggi contro le case farmaceutiche, accusate di tutte le peggiori nefandezze, per poi chiedere alle stesse di avere una corsia preferenziale per l’acquisto. Desidereremmo che le case farmaceutiche fossero gestite da enti pubblici no profit ed etici ma poi, egoisticamente, vorremmo che si derogasse per noi che siamo sessanta milioni, a discapito degli altri sette miliardi di persone che abitano il nostro mondo.
Di fronte a queste evidenti contraddizioni, invece di accettare la realtà (per cui non possiamo ottenere questo, ma anche quello; la soluzione A, ma anche la soluzione B) giù a lamentarsi perché il mondo non è perfetto e non corrisponde a quello che vorremmo noi.
I politici, per ingraziarsi il popolo, sono i primi lamentosi. Sono decenni che si lamentano perché la scuola, la sanità, il fisco, le istituzioni non sono adeguati, ma appena si profila una possibile riforma li affossano. I cittadini sono degli stra-lamentosi. Sempre a lamentarsi dei politici che hanno appena eletto.
Basta lamentarsi! Questa pratica scusa i nostri errori perché getta la colpa di ciò che avviene sempre su altri. Occorre tirare fuori gli attributi e affrontare la realtà che non è pessima. In Italia già 4 milioni di persone hanno ricevuto un vaccino e 3 milioni sono immunizzate perché hanno avuto la malattia. Nei prossimi mesi arriveranno circa sei milioni di vaccini in marzo, dieci in aprile e venti ogni mese successivo. Se entro maggio tutti coloro che hanno più di cinquanta anni avranno ricevuto una dose, ci sono ottimi presupposti per ridurre drasticamente le ospedalizzazioni e le morti.
Al contrario, per arrivare a un blocco della circolazione virale (mutazioni permettendo) ci vorrà molto più tempo e occorrerà che anche gli altri paesi raggiungano livelli elevati di vaccinazione. Insomma, stringiamo i denti e cerchiamo di accettare la realtà che ha ampiamente dimostrato che più usciamo, andiamo al ristorante o ci aggreghiamo e più aumentano i contagi.
Capisco ora la contraddizione insita in questo post: anch’io sono qui a lamentarmi perché noi Italiani non siamo perfetti. Certo, anch’ io sono un italiano lamentoso.