Applicare direttamente le direttive europee aiuterebbe davvero a velocizzare le gare ma soprattutto l’effettiva apertura dei cantieri? Il botta e risposta tra Matteo Salvini e Andrea Orlando sull’opportunità di cancellare o sospendere il Codice appalti ha riaperto il dibattito su uno dei principali nodi che vanno sciolti in vista dell’arrivo dei fondi europei del Next generation Eu. Perché se non spenderemo per tempo e in maniera efficiente le risorse il rimborso a piè di lista da Bruxelles semplicemente non arriverà. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto a Giulio Delfino, fondatore della società specializzata Progetto appalti e attivo nel settore da molti anni, che cosa comporterebbe bypassare il Codice per affidarsi alla direttiva comunitaria 24/2014, principale fonte normativa sulla materia. Direttiva che il Codice stesso ha recepito in Italia e ricalca per l’80%, al netto di alcune prescrizioni ulteriori rispetto a quelle Ue.
Da addetto ai lavori: è davvero il Codice a bloccare le opere?
Sono ferme da decenni, mentre il nuovo Codice è del 2016. I dati mostrano che la fase di affidamento dura in media sei mesi: il tempo si perde per la progettazione, perché le stazioni appaltanti sono troppe e troppo piccole, senza le strutture e le professionalità necessarie. Il Codice ne prevedeva la qualificazione e una forte riduzione del loro numero, ma è rimasto inattuato. E lo Sblocca cantieri del 2019 ha anche eliminato l’obbligo per i piccoli Comuni di aggregarsi o ricorrere a una centrale di committenza qualificata. Poi ci sono i tempi burocratici tra una fase e l’altra, che pesano per più del 40% del totale.
Applicando direttamente la direttiva Ue, in quali casi sarebbe possibile utilizzare la procedura negoziata?
La direttiva individua la procedura standard in quella aperta, che prevede un bando a cui partecipano tutti gli operatori economici interessati. In subordine è possibile ricorrere a quella ristretta, ma comunque con pubblicazione del bando: la differenza è che in questo caso si possono poi ridurre fino a un minimo di cinque gli operatori da invitare. L’opposto rispetto a quanto ha previsto la scorsa estate il decreto Semplificazioni, che consente di non pubblicare i bandi in Gazzetta ufficiale.
Su quali criteri si baserebbe l’aggiudicazione?
Comunque sul criterio dell‘offerta economicamente più vantaggiosa in base a qualità e prezzo, che ha sostituito quello del minor prezzo utilizzato in precedenza.
Il subappalto avrebbe dei limiti?
No, la direttiva Ue non lo prevede perché ha come principio cardine la massima concorrenza. Per questo nei confronti dell’Italia, che aveva fissato al 30% il limite al subappalto, sono state aperte procedure di infrazione. Mentre non c’è stato ancora nessun pronunciamento sul nuovo tetto del 40% introdotto con il decreto Semplificazioni. In ogni caso il punto è fare i controlli.
Sarebbe ancora possibile l’affidamento diretto, che il decreto Semplificazioni consente per lavori fino a 150mila euro?
Sì, perché quel valore è sotto la soglia comunitaria (il valore, pari a 5,3 milioni per gli appalti di lavori e 1 milione per quelli di servizi, oltre il quale va applicata la disciplina europea, ndr). Ma in questo modo si va contro i principi generali su cui si incardina la direttiva, tra cui la concorrenza.
In base alla direttiva Ue il modello Genova potrebbe essere utilizzato per tutte le opere finanziate con i fondi del Recovery?
No, perché le procedure negoziate senza pubblicazione del bando di gara sono ammesse solo “in circostanze del tutto eccezionali” e il considerato 50 spiega che “l’eccezionalità dovrebbe essere circoscritta ai casi nei quali la pubblicazione non sia possibile per cause di estrema urgenza dovute a eventi imprevedibili e non imputabili all’amministrazione aggiudicatrice”. Non a caso per il ponte di Genova si è dovuta chiedere una specifica autorizzazione. Altre circostanze eccezionali espressamente previste sono i casi in cui a fronte di un bando “non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata, né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione appropriata” oppure quando ” i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico”.