“L’ottimo è nemico del bene. Noi abbiamo un disperato bisogno di essere rapidi“. Parola del neo ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che in un’audizione congiunta di Camera e Senato ha annunciato come il governo Draghi intende muoversi per velocizzare il completamento delle opere strategiche. Per ora si procederà nel solco del decreto Semplificazioni del governo Conte, con un provvedimento attuativo che conterrà una nuova lista di cantieri da far partire con modalità rapide. Il termine ultimo è il 30 giugno 2021, “quindi ragionevolmente come presidenza del Consiglio dovremo sottoporre la bozza proposta del Dpcm entro il 30 aprile e poi dovremmo correre molto per assicurarsi di avere la firma. Il 30 aprile è fondamentalmente domani ed è la data che abbiamo impresso nelle nostre stanze” visto che “è anche la data entro la quale va presentato il piano di ripresa e resilienza alla Commissione Europea”.
Già in gioco ci sono 58 opere, per quasi 70 miliardi di euro, e altre potrebbero esserne aggiunte in un secondo decreto ma il tempo stringe. “Faremo tutte le azioni possibili per velocizzare le procedure. Non si può rinviare alle calende greche”, ha rimarcato l’ex presidente Istat, “ma da domattina dobbiamo iniziare a lavorare per risolvere i problemi emersi. Non si può incagliare il secondo decreto. Non si può slittare in avanti, magari di qualche settimana per parlare delle nuove opere. Non c’è più possibilità di discutere oltre sulle opere”. Il ministro ha chiesto “celerità” a deputati e senatori che nelle commissioni ancora devono esprimere un parere sul Dpcm lasciato in eredità dal vecchio governo.
“La rapidità non è solo una questione formale, ci consente di dare lavoro il prima possibile a chi lo sta cercando disperatamente e ne ha bisogno”, ha avvertito Giovannini. Serve per “stimolare una ripresa economica robusta ed efficace in termini occupazionali”, con una “transizione verso un’economia più competitiva, e uno sviluppo più elevato, economico, sociale e nel rispetto dell’ambiente”. Si confida insomma nell’effetto leva della lista confermata di 58 opere, infrastrutture stradali, ferroviarie, idriche (“Particolarmente fondamentali”, secondo Giovannini), portuali, per presidi di pubblica sicurezza e di trasporto rapido di massa. “Si tratta di finanziamenti complessivi nell’ordine di 65-70 miliardi di euro, con una distribuzione di impegni, anche su esercizi futuri, ben bilanciati sui territori: 22 miliardi per opere al Nord, 18 al Centro e 27 nel Sud”. Sono stati invece dimezzati i commissari: 28, tutti tecnici (a parte per una Statale nel Ragusano, dove un subcommissario affiancherà il presidente della Regione Sicilia, ente finanziatore), “tutti di alta professionalità tecnico amministrativa, competenti nel velocizzare le procedure e subito operativi”.
Sui commissari, Giovannini ha minimizzato i rischi di conflitto di interesse e sottolineato che i procedimenti giudiziari a carico di alcuni, “connessi ad attività svolte nell’esercizio delle funzioni istituzionali, non prefigurano motivo ostativo“. Fra le rassicurazioni, anche la promessa di relazioni trimestrali e l’impegno di avviare un dialogo con la conferenza delle Regioni. Con il dibattito sul Codice degli appalti sullo sfondo, il ministro confida così di superare i dubbi di alcuni partiti sulle opere inserite e quelle rimaste fuori. I parlamentari della Lega per esempio hanno espresso “perplessità” sulla lista ma “se il ministro punterà allo sblocco in breve tempo delle infrastrutture con un intervento deciso sul codice degli appalti saremo dalla sua parte, per proseguire quello che la Lega aveva iniziato a fare con l’approvazione del decreto Sblocca cantieri e con la realizzazione del Modello Genova”. Ma sulla moratoria del Codice il Pd non concorda nemmeno al suo interno.